NOI SIAMO
QUELLI CHE...

Pensano che le informazioni sullo stato di salute delle persone e delle comunità, sulle malattie e gli infortuni, sulle cause di entrambi...costituiscano una premessa indispensabile per fare prevenzione;
Offrono alle istituzioni, ai corpi intermedi della società...valutazioni, proposte, azioni di informazione e formazione con l'intento di partecipare...;
Non hanno conflitti di interesse...per cui sono liberi di dire ciò che pensano
Comunicano in modo trasparente...
Non hanno tra gli obiettivi prioritari la difesa di categorie o di singole figure professionali...
Cercano un continuo confronto con le altre Società scientifiche che operano nel mondo della prevenzione...
Non hanno mai smesso di credere nella necessità di un sistema pubblico di prevenzione diffuso in tutto il paese, in grado di garantire il diritto alla salute e di contrastare le diseguaglianze.
Pensano che la solidarietà e la partecipazione siano ancora valori indispensabili.
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Cinque morti sul lavoro a Casteldaccia (PA)

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La notizia nel pomeriggio di ieri è rimbalzata, quasi incredibile dopo le altre degli ultimi mesi (5 morti sulla linea ferroviaria a Brandizzo, 5 al cantiere Esselunga di Firenze, 7 alla centrale di Bargi, per citare solo gli infortuni plurimi), attraverso i vari mezzi di comunicazione che sostengono una rete informale di persone di discipline e storie diverse accomunate spesso solo da un forte interesse e competenze in materia di salute e la sicurezza dei lavoratori. Di nuovo, a breve distanza dalle altre tragedie, ci hanno colto lo sconcerto, la rabbia e la frustrazione, mescolate al dolore per queste altre vite distrutte. Abbiamo subito pensato ai numerosi altri infortuni in ambienti confinati e sospetti di inquinamento e in particolare a quello avvenuto nel 2008 a Mineo, sempre in Sicilia (v. l’allegato, estratto dalla rivista SNOP di allora).
Ed è sempre così: una fattispecie diversa ogni volta, quella a cui non pensavi dopo l’ultima, anche se le modalità in realtà si ripetono periodicamente. Anzi, questa volta, con motivi in più di frustrazione: ma come? sappiamo così tanto di ambienti confinati, ne abbiamo trattato molte volte e sotto diversi punti di vista in questi anni in convegni e corsi[1], ci sono indicazioni e soluzioni disponibili[2], ci sono dispositivi collettivi e personali (no, non sono morti solo perché non avevano le maschere …) e procedure di sicurezza applicabili, c’è una normativa molto precisa e stretta che si è evoluta a partire dal DPR 547/55 fino al D.Lgs 177/2011 a questo specificamente dedicato  … com’è possibile che chi opera in queste condizioni non ne abbia conoscenza? Non un agente sconosciuto ed inaspettato ma il vecchio e ben prevedibile idrogeno solforato! E quando dici “chi opera” non devi pensare solo agli ultimi anelli della catena, ai lavoratori che erano lì, magari con chissà quali contratti e quale esperienza, quale formazione e quali mezzi, le impresine con i datori di lavoro, loro stessi lì ad operare, ma devi pensare a tutta la catena su su fino a chi quei lavori li ha decisi, progettati, commissionati ed appaltati e che, per le proprie obbligazioni solidali, avrebbe avuto il compito di cooperare e verificare. Ma pensi anche alla catena tutto “intorno”, a chi quelle imprese ha in qualche modo validato (no, di sicuro non certificazioni né qualificazioni, a cui oggi si preferiscono improbabili patenti a punti), redigendo un documento di valutazione dei rischi, attestando una speciale formazione, fornendo procedure, dispositivi di protezione, strumenti di verifica e di controllo, in cui tutto risulta “a norma”.
Il dolore per queste nuove morti si mescola ad una pena sincera per tutte le persone e le famiglie colpite perché siamo di fronte a vittime di un ampio sistema immorale ed ingiusto che ha giocato attorno e sopra di esse, in modo da garantire a ciascuno di chi vi ha partecipato il proprio
tornaconto (economico – di guadagno o di risparmio – o politico) a spese di chi si è trovato lì, ignaro fino all’ultimo, in quel cunicolo maledetto.
Non serve, crediamo, solo indignarsi in generale per il numero dei morti o degli infortunati o degli ammalati da lavoro ma conoscere, affrontare e denunciare di volta in volta le cause, che – come ben ci ha insegnato il sistema di Regioni e INAIL nato come “Sbagliando s’impara” – sono molto spesso ben diverse da quelle che una ricostruzione superficiale o una narrazione di comodo riporta: così, in questo caso, non è l’idrogeno solforato che stava la sotto che ci deve interessare, ma quello che stava sopra quel cunicolo e tutto intorno a quel lavoro, quello che veniva prima di quel momento, la lunga catena che ha portato lì, senza difese, quei lavoratori. Lì a lavorare inconsapevoli in un ambito che è sicuramente di per sé molto pericoloso ma che proprio per questo può e deve avvalersi di una quantità di conoscenze, di soluzioni, di procedure, di norme e leggi senza le quali non è oggi accettabile permettere di lavorare. Conoscere e denunciare tutte le mancanze – per insipienza, negligenza o imbroglio – della lunga filiera, che sono le vere cause, ecco quello che vorremmo fare sempre in questi casi.
Ci sarà anche questa volta chi parlerà di vigilanza e di controlli e non è certo sbagliato: se è vero quello che sosteniamo, ferme restando le precise responsabilità che stanno dentro il sistema di lavoro e di appalto, allora questi controlli devono però essere condotti ben prima e ben più in alto rispetto al piano del cunicolo in cui si calavano i lavoratori! I controlli devono basarsi su criteri di qualificazione certi delle imprese che intervengono, su strumenti di verifica, sulle conoscenze, sulle procedure, sulla formazione efficace (la revisione degli Accordi Stato Regioni ancora lontana!) e sull’addestramento: non certo sull’ispettore ad ogni cunicolo.
Il sistema dei Servizi di prevenzione delle ASL in questi anni su questi aspetti ha prodotto molto anche a livello scientifico (con il supporto di INAIL, Vigili del fuoco, Università …) ed è accreditato per agire sia nella prevenzione che nel controllo di questa fattispecie di rischi[1]. Senza dimenticare quanto spetta necessariamente a imprese e committenti e quanto resti da fare in termini di cultura e di legalità a quel livello, rafforziamo allora quel Servizio pubblico di cui oggi sembrano essersi perse di vista, oltre alle risorse, anche le necessarie finalità sociali ed etiche!

[1] ) esempi da Regione Emilia2 Romagna https://www.regione.emilia-romagna.it/sicurezza-nei-luoghi-di-lavoro/ambiti/ambienti-confinati e da Regione Veneto https://spisal.aulss9.veneto.it/mys/apridoc/iddoc/2443

un esempio: https://www.ciip-consulta.it/index.php?option=com_eventlist&view=details&id=160:ambienti-confinati-un-tema-sempre-attuale ma i materiali sono diffusi in molti siti delle organizzazioni e degli enti che si occupano di salute e sicurezza sul lavoro.
[2] ) https://www.bancadellesoluzioni.org/it/

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