A nulla sono servite le numerose osservazioni critiche che sul D.L. 19/24 erano state sollevate da più parti: con alcune modifiche, che peraltro paiono in alcuni casi peggiorative rispetto al testo iniziale, il D.L. 19/24 è stato sostanzialmente tradotto nella Legge 29 aprile 2024 n. 56. Per l’analisi del dettaglio delle nuove norme , rimandiamo al puntuale e preciso intervento di Norberto Canciani su Ambiente e Lavoro e alla lettura dal punto di vista giuridico di Paolo Pascucci su LavoroDirittiEuropa.
Un grande rammarico è che la nuova Legge, tra l’altro, di fatto cancella quel sistema di accreditamento delle imprese, quale era stato previsto dall’art. 27 del D.Lgs 81/08 e su cui rimanevano, pur a fronte dei ritardi e delle incompiutezze, sincere speranze.
La L. 56 ora traduce l‘accreditamento, distorcendone il significato stesso, in una “patente a punti” (da applicare per adesso solo ambito dell’edilizia e di fatto eliminando l’accreditamento dagli altri settori). Non rimane, a questo punto, molto da dire di una scelta legislativa, con finalità sostanzialmente repressiva – anche se di efficacia estremamente dubbia – che ribalta completamente la concezione positiva dell’accreditamento (acquisire e mantenere crediti operando in qualità e oltre il semplice adempimento di legge) in quella “negativa” della patente, che prevede la partenza ai “punti” corrispondenti al minimo degli adempimenti di legge e successive decurtazioni per eventuali mancanze o eventi e con tempistiche incerte. Come per la licenza di guida di veicoli, il recupero dei “punti” è affidato al potere della formazione, per quanto qui con modalità tutte da definire, tralasciando il cattivo stato in cui questa tipologia di formazione si trova oggi nel Paese, anche grazie ai ritardi di origine governativa nella necessaria revisione.
Come in occasione di qualche altra recente modifica normativa del D.Lgs 81/08, non ci pare di registrare forti opposizioni, particolarmente nelle parti sociali, se non in alcuni degli ambiti più critici a cui ci sentiamo di appartenere. Oltretutto, non si può non rammentare che l’idea trae spunto anche dall’Avviso comune del 28 luglio 2011 firmato da associazioni degli imprenditori e sindacati dei lavoratori del settore edilizia. Forse l’attuale realizzazione non corrisponde appieno alle previsioni di quel documento, se adesso parte dei firmatari esprime qualche riserva che, comunque, non parrebbe essere risultata tale da delinearne una bocciatura.
Al netto delle forzature e dello sfregio istituzionale insito in alcune delle scelte, come sottolineato con forza anche dalla Conferenza delle Regioni, e confermando la nostra piena contrarietà[1] all’approccio al tema della salute e sicurezza sul lavoro che esso incarna e ad alcune delle soluzioni adottate, avendo a cuore la tutela di chi lavora ci auguriamo solo di essere, a distanza di tempo, smentiti nelle previsioni negative non solo sull’applicabilità non formale e sulla efficacia delle nuove norme ma anche sulle temute ripercussioni sfavorevoli e sugli effetti collaterali.
Questo provvedimento appare stretto in un percorso che non sembra voler contrastare in modo veramente risolutivo, alla radice, il problema drammatico della salute e della sicurezza sul lavoro, che è in primo luogo un problema di diritti e che dovrebbe prevedere la diffusione di una diversa consapevolezza nella coscienza collettiva, a partire da quella delle istituzioni di governo in tutte le loro articolazioni.
[1] v. il documento SNOP “DL 19-24 Il sistema dualistico dei controlli” che faceva parte della nota inviata da CIIP il 25.03.2024 a Ministeri e varie istituzioni.