NOI SIAMO
QUELLI CHE...

Pensano che le informazioni sullo stato di salute delle persone e delle comunità, sulle malattie e gli infortuni, sulle cause di entrambi...costituiscano una premessa indispensabile per fare prevenzione;
Offrono alle istituzioni, ai corpi intermedi della società...valutazioni, proposte, azioni di informazione e formazione con l'intento di partecipare...;
Non hanno conflitti di interesse...per cui sono liberi di dire ciò che pensano
Comunicano in modo trasparente...
Non hanno tra gli obiettivi prioritari la difesa di categorie o di singole figure professionali...
Cercano un continuo confronto con le altre Società scientifiche che operano nel mondo della prevenzione...
Non hanno mai smesso di credere nella necessità di un sistema pubblico di prevenzione diffuso in tutto il paese, in grado di garantire il diritto alla salute e di contrastare le diseguaglianze.
Pensano che la solidarietà e la partecipazione siano ancora valori indispensabili.
Previous slide
Next slide
Cerca
Close this search box.

Introduzione salute e ambiente

Condividi con:

Facebook
Twitter
WhatsApp
Email
Stampa

Tempo di lettura: 6 minuti

Tempo di lettura: 6 minuti

1 Inquinamento, ambiente e salute. Questo tema “eterno” ha avuto negli ultimi anni una grande rilevanza ed interesse nelle istituzioni e nei media, ma soprattutto tra i cittadini. Purtroppo questi temi sono emersi sempre al negativo da grandi scandali (inquinamento dell’aria, acqua, alimenti, suolo e rifiuti tossici) o problemi che sembrano irrisolvibili (la questione ILVA di Taranto, ma anche delle tante ILVA del paese) o temi che, anche se ormai sotto controllo sia dal punto legislativo che operativo, ad esempio quello dell’amianto, continuano e continueranno a seminare morti. Relativamente alla vicenda tarantina, come ha scritto VLADIMIRO ZAGREBELSKY su LA STAMPA, “Decenni di attività industriale senza riguardo per le regole di protezione della salute e dell’ambiente hanno prodotto un disastro sul terreno e nei corpi di lavoratori dell’Ilva e di abitanti di Taranto.

 

 

Nemmeno le istituzioni pubbliche ne escono indenni. E nemmeno i sindacati dei lavoratori, se è vero che nel corso degli anni la loro azione è stata timida e inefficace. Il disastro va oltre la dimensione ambientale e sanitaria e, come questa, lascerà ferite difficilmente rimarginabili. Snodi essenziali del sistema andrebbero ripensati, se ce ne fosse la forza e la capacità. Oggi si è davanti al dilemma che oppone salute e lavoro: il pericolo per la salute alla certezza della perdita del lavoro di molti, non solo a Taranto.

Una situazione creatasi perché nel tempo si è tollerato che il problema crescesse fino a divenire drammatico. Il riferimento alla tolleranza rinvia alla responsabilità di governi e autorità locali, che si sono dimostrati incapaci di disciplinare la condotta dell’azienda.”. Appunto, aggiungiamo, non solo Taranto. L’Italia è (ed è stata) piena negli ultimi decenni di tragedie lavorative ed ambientali di cui tuttora esistono gli effetti, tenendo conto anche dell’enorme numero di siti del nostro “belpaese” che dovrebbero essere decontaminati. Storie famose o ignote ai più, storie di ambienti di lavoro assassini per i lavoratori, aggressivi per l’ambiente, assassini per i cittadini, per gli animali. Storie su cui i vari soggetti istituzionali competenti (Servizi, Dipartimenti di prevenzione, ARPE, strutture scientifiche varie) hanno magari informazioni e dati che però ben difficilmente arrivano all’informazione pubblica e che altrettanto difficilmente (direi quasi mai) vengono “messi insieme” e collegati tra loro. Il caso Taranto è comunque oggi emblematico, a maggior ragione perché rispetto ai comportamenti prevalentemente “tolleranti-omissivi” del passato (da parte di molti soggetti preposti o competenti) si è passati negli ultimi mesi, con l’intervento del Governo (post Magistratura locale), ad un decisionismo “legislativo” che costituisce una novità rilevante e per molti aspetti critica e pericolosa (un’azienda viene “obbligata” alla bonifica ma “si accetta”, “si permette” ufficialmente e consapevolmente che ancora per un tempo non minimo – almeno due, tre anni – il territorio e le persone subiscano esposizioni dei cui effetti dannosi vi è certezza.

E Taranto è anche un esempio classico (ripetiamo, non certo il solo) di situazioni che dovrebbero vedere approcci dipartimentali in cui produzione, lavoro, ambiente e salute di lavoratori e cittadini siano affrontati e salvaguardati in modo integrato e partecipato, in cui si superi l’ignobile e intollerabile ricatto “occupazione o salute”. 2 Ma il lavoro non è ovviamente l’unica fonte di affronti all’ambiente ed alla salute, basti pensare – oltre che alla gestione e bonifica delle aree dismesse – all’inquinamento dell’aria da “traffico” e impianti di riscaldamento, alla pianificazione urbanistica (ai grandi centri commerciali, alle infrastrutture) che deve tenere conto della sostenibilità degli interventi, etc. Il tema rifiuti alimenta tra l’altro, se non correttamente gestito, il mercato illegale e criminale. E si affacciano anche temi per così dire nuovi legati alla chimizzazione sempre più spinta dell’oggi: ad esempio la questione degli interferenti endocrini ed i loro effetti sulla salute dei bambini e delle donne e uomini in età fertile. Così come la gestione dei sempre più consistenti rifiuti radioattivi legati allo sviluppo ed espansione delle tecnologie per la diagnostica per immagini presso le strutture sanitarie, nonché la gestione delle sempre più complesse attività di radioterapia, attività industriali e di ricerca scientifica che li generano e che comportano rischi di esposizione alle radiazioni ionizzanti per i pazienti, i lavoratori e la popolazione generale.

Inoltre la proliferazione di sorgenti di radiazioni non ionizzanti, per uso sanitario e non sanitario, e la continua evoluzione tecnologica stanno preoccupando da anni i cittadini che richiedono informazioni e documentazione scientifica sui possibili rischi sanitari. A tal proposito si pensi ai possibili rischi legati a un uso non consapevole dei telefoni cellulari e dei cordless da parte della quasi totalità della popolazione, ma in particolare dei bambini, dei giovani, di lavoratori e lavoratrici che per motivi di lavoro trascorrono molte ore al telefono cellulare senza l’ausilio dell’auricolare o del vivavoce.

Mai come ora la gestione di questi temi e potenziali problemi implica la necessità di forti sinergie tra le amministrazioni pubbliche; ma oggi le Arpa regionali sono deboli nei controlli e nei laboratori di analisi, le ASL timide perché non sempre organizzate nella definizione degli impatti sulla salute, le Amministrazioni Locali un po’ infastidite, i cittadini e i media giustamente incalzanti. Insomma chi dà risposte istituzionalmente alla grande questione “ambiente e salute”? Chi deve dare comunicazioni? (vedi nota 1) Ci si deve affidare solamente ed individualmente ad internet per avere risposte o sul territorio ci deve essere una sintesi scientifica, trasparente e responsabile alle questioni poste e alle scelte? E chi deve dare interpretazioni? Nota 1) la criticità della trasparenza delle informazioni sul rapporto tra salute e ambiente è arrivata al culmine con l’imposizione del segreto di stato in Cina, la seconda economia del mondo, sui devastanti effetti sulla salute dell’inquinamento derivante da produzioni, gestione dei rifiuti, traffico, riscaldamento. Ma dello stesso segno è la lentezza nella messa a disposizione e interpretazione dei dati ambientali e di salute (pur disponibili) in tanti paesi avanzati.

Mentre il sistema pubblico sul tema della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, il controllo degli alimenti, le qualità nutritive, l’accesso alle vaccinazioni disponibili, la promozione di stili di vita corretti, l’accesso ai programmi di screening…pur nelle disomogenità regionali (vedi commento agli ultimi LEA disponibili 2010), si sono comunque consolidati nelle attività delle ASL, nel corso del tempo il sistema ARPA- ASL si è affievolito. Il territorio non si è organizzato per dare risposte non solo di “analisi” ma anche di soluzioni e risposte ai bisogni di chiarezza sull’altra questione, “la salute” dei cittadini. I punti di incontro di questi due sistemi devono essere molteplici: – potenziare l’intervento preventivo nella fase di VIA dei nuovi impianti e degli interventi potenzialmente critici e di VAS sui piani e programmi, che dovrà prevedere un maggior coinvolgimento delle ASL e una maggiore attenzione ai problemi di salute; in Italia la VIS (valutazione di impatto sanitario) non è prevista nell’istruttoria per il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) nè è richiesta espressamente in ambito della valutazione di impatto ambientale, anche se si sta registrando un’attenzione sempre più diffusa verso questo strumento da parte di alcune regioni con iniziative pilota; – spostare ulteriormente l’impegno delle strutture pubbliche dal controllo preventivo (rilascio di autorizzazioni) al controllo in esercizio, semplificando ulteriormente le procedure autorizzative; – sviluppare un sistema informatico sulle imprese integrato fra ARPA e ASL (ed Enti locali), da utilizzare per semplificare le procedure autorizzative, per programmare la vigilanza, per la gestione e integrazione delle competenze Regionali, Provinciali e Comunali, partendo dall’esperienza maturata dalle diverse strutture o dai diversi settori al di fuori da un piano strategico regionale (sistemi informativi regionali delle ASL come quello “impres@” di Regione Lombardia, Agorà, Gaia, AIDA, ORSO, AIAP di ARPA e così via); – programmazione integrata della attività di controllo delle imprese “critiche” da parte di ARPA e di ASL per evitare sovrapposizioni e per condividere gli esiti delle verifiche attraverso il sistema informativo comune, nel rispetto delle norme di riservatezza; 3 – maggiore disponibilità e condivisione dei dati ambientali e di salute, anche georeferenziati, partendo dai dati correnti (BDA, SDO, registri di patologie, dati sui ricoveri acuti e cronici, etc.) non facendo rincorrere le pubbliche istituzioni dai media (vedi nota 2); – promuovere progetti partecipati di salute sui temi più sentiti: qualità dell’aria, vivibilità urbana promuovendo reti epidemiologiche basate sui dati correnti in sanità, con un sostegno pubblico vero alla prevenzione; – promuovere la formazione specializzata degli operatori del controllo, vista la crescente complessità delle tematiche da affrontare. Infine, la rilevanza della prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro impone che nella scelta e nella valutazione dei Direttori Generali di ASL e ARPA, dei Dipartimenti di Prevenzione, si tenga conto in maniera rilevante dei programmi, degli investimenti, dei risultati operativi e di salute raggiunti su questi temi e siano previsti poteri sostitutivi nei casi negativi. Nota 2)

La valutazione d’impatto sanitario (VIS) si propone come strumento a supporto dei percorsi di pianificazione e decisioni attraverso studio e monitoraggio degli impatti delle attività industriali, di impianti di servizio (gestione rifiuti ad esempio), di grandi infrastrutture sulla salute umana con metodologia epidemiologiche e della valutazione del rischio. L’OMS nel 1999 aveva definito la valutazione d’impatto sanitario come una combinazione di procedure, metodi e strumenti con i quali si possono stimare gli effetti potenziali sulla salute di una popolazione, di politiche, di piani e progetti e la distribuzione di tali effetti nelle varie fasce di popolazione.

In Italia la VIS non è prevista nell’istruttoria per il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale ( AIA ) nè è richiesta espressamente in ambito della valutazione di impatto ambientale, anche se si sta registrando un’attenzione sempre più diffusa verso questo strumento da parte di alcune regioni con alcune iniziative pilota. In Francia, Belgio e Romania la VIS non è generalmente prevista, In Germania è una procedura nell’ambito della valutazione d’impatto ambientale (VIA), in Gran Bretagna è una procedura autonoma e volontaria in affiancamento alla VIA, in Svezia è un requisito per l’attuazione del Piano di azione per la protezione ambientale e sanitaria. La mancanza di una metodologia condivisa e standardizzata per l’effettuazione e la lettura della VIS a livello internazionale, europeo e nazionale, condivisa dal mondo scientifico, riconosciuta ed adottata da tutte le istituzioni pubbliche, rende le cose come sempre aleatorie e ostacola approcci utili allo studio dei rapporti causa-effetto. I dati epidemiologici non mancano con l’attuale informatizzazione del sistema sanitario (banca dati assistiti, registri tumori, schede di dimissione ospedaliera informatizzate, registri delle malformazioni, etc ).

Nota 3) Fare riferimento ai vari progetti – SENTIERI su impatto aree dismesse – VISPA- MONITER: Emilia Romagna – Documenti recenti del Ministero dell’Ambiente e di ISS ad esempio sugli interferenti endocrini – I rapporti ARPA nelle varie Regioni – I documenti di programmazione sanitaria delle Regioni – etc

Se lo desideri, sostienici con una donazione

ULTIMI ARTICOLI

RIMANI AGGIORNATO

Lascia un commento