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Pensano che la solidarietà e la partecipazione siano ancora valori indispensabili.

Forever Chemicals

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Un documento della CiiP sulle sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate (PFAS)

Nell’indossare con l’arrivo dei primi freddi un nuovo giaccone invernale canadese si poteva leggere sull’etichetta che il tessuto era stato impermeabilizzato con processi “totalmente privi di fluoro”. Simile avvertimento accompagnava anche una nuova padella acquistata poco tempo fa in sostituzione di una vecchia trattata con pellicola antiaderente.

È di questi ultimi giorni, infine, la notizia che nell’alessandrino i VVF stanno protestando perché taluni loro indumenti da lavoro sarebbero stati trattati con composti fluorurati pericolosi, così come le schiume utilizzate per aggredire gli incendi.

Reazioni di lavoratori e consumatori che si uniscono agli allarmi ambientali, ai provvedimenti legislativi, alle pronunce di tribunali italiani ed esteri, alle inchieste dei media sui rischi per lavoratori, popolazione e ambiente di una classe molto ampia di sostanze di sintesi fabbricate e utilizzate in un’estesa gamma di prodotti sin dagli anni ’40 nel mondo.

Come noto, si tratta di migliaia di sostanze, polimeriche e non, contenenti atomi di Carbonio legati a gruppi metilici o metilenici fluorurati, denominate PFAS.

Quanto mai opportuna è quindi la recentissima pubblicazione sul sito della CIIP, “PFAS – Sostanze Alchiliche Perfluorurate e Polifluorurate” (56 pagine) a cura di Carlo Sala, in collaborazione con Elisabetta Barbassa, Stefano Biancini e Gianandrea Gino.

In essa si riassume la storia della loro sintesi e del loro utilizzo industriale nel mondo e in Italia, con particolare attenzione ai disastri causati da tali sostanze, nel nostro Paese, in Veneto e in Piemonte.

Si entra nel dettaglio della loro descrizione e classificazione chimica, dei metodi di produzione industriale, della loro diffusione in vasti settori e materiali e della loro estrema persistenza nell’arco del loro ciclo di vita (da cui “forever chemicals” nel senso, in italiano, di sostanze per sempre).

Si descrivono le vie di esposizione e distribuzione fino agli organi bersaglio e le patologie endocrine, metaboliche e riproduttive che essi determinano, da cui è derivata la loro classificazione come sostanze pericolose molto persistenti (vP), molto bioaccumulabili (vB) e tossiche (T). Una di queste sostanze (PFOA) è stata anche classificata nel gruppo 2B da IARC.

Vista l’ampia diffusione, la più importante modalità di gestione del rischio dei PFAS, come sottolinea giustamente la pubblicazione, sarebbe di incentivare lo sviluppo della ricerca di prodotti alternativi e la sostituzione con composti più sicuri.

Si dà quindi conto delle informazioni raccolte nel portale dell’OCSE e nelle pagine dell’ECHA dedicate, portando l’attenzione sulla complessità di un tale processo e su alcuni dei risultati comunque già ottenuti, in particolare nel settore tessile e nelle schiume antincendio. Di particolare interesse per il nostro Paese, ad esempio, si indica la ricerca commissionata nel 2017 dal Ministero dell’Ambiente all’IRCSS Mario Negri che ha dato origine a una piattaforma gratuita che dovrebbe permettere alle aziende “di scegliere per ordine di importanza sostanze alternative ai PFAS a catena lunga in base all’impatto negativo sull’ambiente e sulla salute”.

A riprova della difficoltà e delle conflittualità che si determinano nel tentare di mettere in atto una efficace politica di riduzione dei rischi, a livello europeo si riscontra tuttavia un utilizzo crescente dei PFAS e si paventa l’immissione sul mercato europeo di 49 milioni di tonnellate di PFAS nei prossimi trent’anni.

Questo, nonostante l’ampia produzione normativa, puntualmente elencata nella pubblicazione, emanata per limitare il mercato di talune sostanze e preparati pericolosi sin dal 2006, i documenti elaborati dall’ECHA e dall’EFSA sin dal 2020, l’inserimento di diversi PFAS nella lista delle sostanze estremamente preoccupanti (SVHC) candidate alla sostituzione e le restrizioni sull’uso già entrate in vigore con i regolamenti Europei del 2021, 2024 e 2025.

Si fornisce, inoltre, un quadro delle tecniche analitiche e degli intervalli dei dati ambientali disponibili per aria outdoor e indoor, polveri depositate, precipitazioni atmosferiche e molte altre matrici, tra cui l’acqua potabile. In particolare, si richiamano i dati pubblicati da ISPRA sulle acque superficiali e profonde nelle nostre regioni. Si passano in rassegna anche i dati di monitoraggio biologico in Europa e, nel nostro Paese, quelle del polo chimico di Spinetta Marengo e in Veneto. Si riportano, inoltre, anche alcune indicazioni, con relativi vantaggi e svantaggi, di tecniche per la rimozione dei PFAS dalle matrici ambientali.

Un ultimo dettagliato paragrafo è dedicato alle norme italiane per la tutela dei lavoratori sulla base del Titolo IX del D.Lgs. 81/08 (Capo I e Capo II), aggiornato con le ultime Direttive Europee.

Infine, una ampia bibliografia, chiude la pubblicazione.

 

https://www.ciip-consulta.it/

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