Gli infortuni sul lavoro, come le patologie e le morti per malattia da lavoro ben più numerose, ci sono sempre stati. Negli anni ’50 del secolo scorso erano 3-4 volte di più e all’inizio di questo secolo sembrava che la curva a scendere fosse sensibile e potesse indurre
all’ottimismo (se così si può dire per un fenomeno comunque intollerabile).
Negli ultimi tempi si sta invece assistendo a novità drammatiche, che non possono non far saltare valutazioni e previsioni. Oltre allo stillicidio giornaliero di morti (non “bianche”, si badi bene, la si faccia finita con questa terminologia ipocrita), 17 (probabili) morti in 3 luoghi di lavoro nel volgere di poco più di 7 mesi (a Brandizzo, a Firenze e ieri nella Centrale di Suviana) hanno in comune, oltre a evidenti differenze, una parola chiave: appalto, spesso “catene” di appalti, e progressive esternalizzazioni, e ne richiamano altre fondamentali: cultura d’impresa, responsabilità d’impresa, organizzazione del lavoro a misura del “capitale umano” e non solo del “capitale”.
E’ l’ora che su questo si faccia chiarezza, prima ancora di parlare di “controlli”. E ovviamente i controlli (da tempo progressivamente, e sempre più colpevolmente, decurtati) ci vogliono, come ci vuole/ci vorrebbe una politica di prevenzione, di rimozione dei rischi alla fonte, che affronti il problema della salute e sicurezza del lavoro non come un di più. Non ci sono soluzioni magiche né purtroppo a breve, anzi quelle prodotte dal governo con gli ultimi provvedimenti, fino al recente DL 19, sono lungi dall’essere soluzioni, sono estemporanee e pericolose deviazioni anche concettuali, del resto associate a messaggi come “lasciamo lavorare le imprese, leviamo lacci e lacciuoli”.
Tutto questo non può stare dentro un paese civile, che pure ha una Costituzione che ha indicato come diritti fondamentali la salute, il lavoro e quindi anche il lavoro in salute. E invece di lavorare per vivere, per molti il lavoro diventa morte. Lanciamo un appello a tutte le persone di buona volontà perché il paese sia attraversato da un moto di vergogna: piangiamo, sì, ma anche i coccodrilli piangono…. Soprattutto facciamo in modo che l’indignazione per tutte queste vite rubate si traduca questa volta in reazione collettiva duratura: un moto non di poche ore né di pochi giorni, che porti ad una riflessione e ad un approfondimento su cosa realmente si dovrebbe e si potrebbe fare, partendo dalla messa in atto di un confronto aperto e concreto che veda il concorso di tutti quelli che hanno responsabilità ma anche idee e competenze.
Da tempo, dopo la stagione del Decreto Legislativo 81/2008, sembra che i tavoli dove vengono assunte decisioni siano sempre più ristretti e accentrati, e vedano sempre meno presenti professionalità, competenze e sensibilità che dovrebbero invece essere preziose. Nel nostro piccolo, come diciamo da anni, chi ha lavorato e lavora “sul campo” idee e competenze ne ha, e le vorrebbe mettere a disposizione, umilmente ma con la
consapevolezza che ce n’è bisogno. E’ giusto gridare “Adesso Basta”, come domani a Bologna, ma insieme dire “Cosa bisogna e cosa si può fare” e pretendere di essere ascoltati. Da subito.
10 aprile 2024
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Partendo da un principio consolidato secondo cui “La produzione e la
commercializzazione di tabacchi lavorati per il fumo integrano gli estremi di
un’attività pericolosa, ai sensi dell’art. 2050 c.c.» (v. Cass. 17 dicembre
2009, n. 26516), la cui pericolosità non si ferma “al processo di produzione, ma si estende al prodotto stesso e alla sua fase di consumo”, si sostiene che i produttori hanno l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno, incluse le informazioni specifiche ai consumatori.
La “libera scelta” di fumare non escluderebbe la responsabilità del produttore se questo non avesse adottato le misure idonee ad evitare il danno, quali quelle volte a consentire una piena consapevolezza dei rischi nei consumatori.
Approfondimenti:
https://scienzainrete.substack.com/p/rivoluzione-sui-danni-da-fumo-la
Un evento dedicato a quanto sta succedendo a Gaza. Venerdì 26 settembre 2025 ore 20.45 in presenza presso Agorà, via Jussi 102, San Lazzaro-Bologna; in diretta web: https://www.facebook.com/groups/960878214738454
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (la n. 21464/2025, che peraltro rinvia nuovamente alla Corte d’Appello di Torino dalla quale era avviato il ricorso) apre forse una nuova strada giudiziaria per valutare le responsabilità dell’industria del tabacco, nella linea peraltro già tracciata da un’altra recente ordinanza (23 maggio 2025, n. 13844).
Partendo da un principio consolidato secondo cui “La produzione e la
commercializzazione di tabacchi lavorati per il fumo integrano gli estremi di
un’attività pericolosa, ai sensi dell’art. 2050 c.c.» (v. Cass. 17 dicembre
2009, n. 26516), la cui pericolosità non si ferma “al processo di produzione, ma si estende al prodotto stesso e alla sua fase di consumo”, si sostiene che i produttori hanno l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno, incluse le informazioni specifiche ai consumatori.
La “libera scelta” di fumare non escluderebbe la responsabilità del produttore se questo non avesse adottato le misure idonee ad evitare il danno, quali quelle volte a consentire una piena consapevolezza dei rischi nei consumatori.
Approfondimenti:
https://scienzainrete.substack.com/p/rivoluzione-sui-danni-da-fumo-la
Un evento dedicato a quanto sta succedendo a Gaza. Venerdì 26 settembre 2025 ore 20.45 in presenza presso Agorà, via Jussi 102, San Lazzaro-Bologna; in diretta web: https://www.facebook.com/groups/960878214738454