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“Non ho ossigeno!”

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A due anni dalla tragedia del disastro ferroviario a Tempi in Grecia.

Sono passati due anni dalla tragedia di Tempi (Τεμπη) in Grecia: il 28 febbraio 2023 un treno veloce passeggeri (Intercity) su cui viaggiavano soprattutto giovani studenti di ritorno dalle vacanze di carnevale si è scontrato con un treno merci che viaggiava sullo stesso binario nei pressi di quella località della Tessaglia, poco a nord di Larissa, sulla tratta Atene-Salonicco. La collisione aveva fatto deragliare la maggior parte delle carrozze e aveva provocato un’esplosione e un successivo incendio che hanno distrutto le carrozze anteriori del treno passeggeri. L’incidente ha provocato la morte di 57 persone e il ferimento di altre 180 di cui circa 80 in maniera grave. Tra i morti non vanno dimenticati gli 8 lavoratori dipendenti delle aziende ferroviarie o che operavano sui treni, tra cui i due macchinisti del treno merci e i due macchinisti del treno passeggeri, personale viaggiante e addetti ai servizi di ristorazione.
Ne avevamo parlato allora su questo sito, ma torniamo a parlarne ora nel secondo anniversario della tragedia, in occasione del quale si sono svolte enormi manifestazioni in piazza ad Atene ed in molte altre località della Grecia per chiedere verità e giustizia. Ma l’attenzione nel Paese è molto alta anche perché è in corso un dibattito nel parlamento ellenico dove è stata istituita una Commissione di inchiesta (attorno alla cui conduzione c’è molta battaglia da parte delle opposizioni), dalla quale proprio in questi mesi stanno emergendo pezzi di verità, che spesso fanno intravvedere ipotesi di responsabilità che vanno ben al di là di quella attribuita al singolo inesperto e non qualificato capostazione, individuato da subito come causa diretta dell’incidente.
Il capostazione, a causa di quello che viene classificato come “errore umano”, aveva indirizzato l’Intercity sul binario sbagliato, ma la tragedia ha suscitato da subito grande rabbia perché sulla linea non era operativo il sistema di segnalazione automatica, che pure sarebbe stato finanziato con i fondi UE, né il sistema di controllo della marcia dei treni (ETCS) che avrebbe evitato la tragedia.
Il Governo ha tentato di declinare le proprie responsabilità oggettive nel trasporto pubblico ferroviario nascondendosi dietro le privatizzazioni che, nel 2017 dopo il “memorandum” con le misure di austerità imposto dalla troika e dall’UE per risanare il disastroso bilancio del Paese, furono ampiamente applicate a molti servizi pubblici, compresi quelli ferroviari (i mezzi sono oggi gestiti da una società di FS italiane).
Ma è innegabile che il Ministero dei Trasporti mantenesse la piena responsabilità nel garantire che i controlli di sicurezza, la cui assenza ha causato o non ha impedito la collisione frontale tra i due treni, fossero adottati. Il Ministro in carica si dimise pochi giorni dopo la tragedia.
Nel corso delle indagini parlamentari si evidenzia che lo stato della linea ferroviaria interessata era largamente deficitario (la gestione remota da Larissa interrotta dopo un incendio e non più ripristinata, il sistema semaforico non funzionante, il sistema di comunicazione sui treni installato ma non agibile, un centro di controllo centralizzato da Atene non attivo da anni, carenze nei controlli sulla manutenzione e sulla sicurezza delle linee ecc.) ed emerge che tali condizioni erano state ripetutamente segnalate, non solo dalle rappresentanze sindacali, ma anche dentro le strutture del Ministero. Tra le segnalazioni del sindacato erano anche quelle relative alla consistente decurtazione del personale ferroviario negli anni del memorandum e che sarebbe stato compito del governo di ripristinare e che invece è ulteriormente peggiorato nel tempo. La mancanza di personale competente fece sì che in quella notte, ad esempio, fosse di servizio un capostazione inesperto e non qualificato e che si trovò da solo a gestire una situazione estremamente difficile senza alcun supporto di personale esperto né di quei dispositivi automatici già ampiamente diffusi che avrebbero potuto prevenire il disastro.
Come spesso succede in questi casi, e non solo in Grecia, anche il Governo Mistotakis ha tentato subito di attribuire le responsabilità ai precedenti governi (che pure non ne sarebbero esenti) senza però ammettere la propria inerzia sul problema “ereditato” nei tre anni di potere.

Grande attenzione nell’inchiesta viene data all’esplosione e all’incendio che erano seguiti allo scontro e a cui si devono le maggiori gravità dell’incidente: a noi non può riportare alla mente, per diversi aspetti ed alcune analogie, il tragico incidente avvenuto il 29 giugno 2009 presso la stazione di Viareggio con 32 morti e un centinaio di feriti. I risultati delle indagini suggeriscono che l’incendio sarebbe avvenuto per la presenza di materiale infiammabile trasportato illegalmente dal treno commerciale: si parla di un “carico fantasma” di xilene, in particolare, che pare potesse essere oggetto di contrabbando per adulterare la benzina. La prima tesi che attribuiva l’incendio alla combustione di materiale comune dei mezzi ferroviari, quali gli olii al silicone dei trasformatori, viene oggi ritenuta non corretta dagli esperti.
Per provare queste ipotesi mancano però alcuni elementi decisivi che sarebbero andati perduti a seguito della decisione di intervenire precocemente sui luoghi dell’incidente con motivazioni di sicurezza e che avrebbero modificato definitivamente lo stato dei luoghi ed impedito le analisi necessarie, compromettendo la possibilità di verificare con certezza diverse condizioni, quali la presenza sul treno commerciale di sostanze infiammabili non dichiarate. Ad esempio, una gran quantità di terreno nell’area dello scontro è stata rapidamente rimossa e rimpiazzata da mucchi di ghiaia.
Anche il Governo, che aveva fin qui escluso «la presenza di un combustibile sconosciuto», ora ammette che è necessario che «tutti gli scenari vadano presi in considerazione», prospettando la eventuale responsabilità della compagnia gestrice del treno commerciale.

Assommando a queste notizie quelle riguardanti il riscontro di registrazioni di telecamere che sarebbero state perdute o alterate, sempre più sorge nella popolazione il sospetto di tentativi di insabbiamento delle indagini.

È da ricordare che già nel 2021 la Commissione europea aveva rilevato gravi carenze nei sistemi di sicurezza sulla rete ferroviaria greca e aveva aperto una procedura per “la non conformità alla direttiva 2016/798 sulla sicurezza ferroviaria”.
La tragedia di Tempi – che nelle manifestazioni spesso viene chiamata “il crimine (έγκλημα) di Tempi” – rappresenta una ferita profonda nella coscienza collettiva dei greci e segnerà a lungo la storia del Paese.

Nota:
“Non ho ossigeno” (Δεν εχω οχυγονο) è l’agghiacciante frase di una delle vittime dell’incidente ferroviario prima di morire nell’incendio, che emerge dalle registrazioni al numero di emergenza 112 di quelle ore: ora è diventata lo slogan della protesta. Altri motti diffusi tra i manifestanti nei giorni seguenti alla tragedia erano “chiamami quando arrivi” (Παρε μου όταν φτασεις) frase tipica di un genitore rivolta al figlio in viaggio o, significativamente: “le nostre vite contano” (Oι ζοες μας μετρανε).

L’articolo è frutto del contributo di Charalambos “Babis” Alexopoulos, medico del lavoro di Atene e di Petros Mantaios, giornalista del quotidiano cooperativo indipendenteΗ Εφημερίδα των Συντακτών” (Il giornale dei redattori), che ringraziamo della collaborazione.

 

 

 

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