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Tumori da lavoro

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Un seminario satellite al 49° Congresso nazionale AIE (8 aprile 2025)

È senz’altro importante, anche oggi, la dimensione del fenomeno dei tumori che riconoscono nelle esposizioni lavorative almeno parte delle loro cause; è peraltro ben noto come questo fenomeno sia molto meno conosciuto del necessario, non solo nei Paesi a basso reddito, rendendo ovunque più difficile la prevenzione, finanche contribuendo a renderla impossibile negli scenari più deprivati.

Nella seconda metà del secolo scorso, il cancro occupazionale è stato una realtà particolarmente pesante nel nostro Paese, soprattutto in conseguenza del tipo di sviluppo industriale che vi si era realizzato dopo il termine della Seconda guerra mondiale (cosiddetto “boom economico”). Molti, questa realtà, provavano a negarla o quanto meno a tenerla nascosta e/o a minimizzarla; qualcuno provava a farla emergere. Ebbe ampia risonanza l’intervento di Edoardo Gaffuri uscito nel 1988 su La Medicina del Lavoro (la rivista scientifica di gran lunga più diffusa tra i medici del lavoro italiani) dal titolo emblematico “Alla ricerca dei tumori perduti” (probabilmente un’ironica parafrasi del titolo del film “I predatori dell’arca perduta” del 1981). Su questo argomento dei tumori professionali o, diremmo meglio oggi, dei “tumori da lavoro”, si assommarono negli anni studi epidemiologici, processi civili e penali ed anche alcuni importanti testi che nell’attualità chiameremmo “di medicina narrativa” (sull’IPCA di Ciriè, la ETERNIT di Casale Monferrato, la SIA di Grugliasco…), i quali ebbero una particolare rilevanza anche nell’evoluzione dell’opinione pubblica italiana.

Nel nuovo secolo, e soprattutto nell’ultima quindicina di anni, l’attenzione per i “tumori da lavoro” è peraltro andata incontro a una lunga eclissi, con anche una diminuzione della ricerca epidemiologica e laboratoristica dedicata: e questo pur a fronte di una produzione normativa divenuta, nell’Unione Europea e nel nostro Paese, man mano più ricca, articolata e stringente, così da far presagire un grande ritorno in prevenzione. Ma si sa che fare una buona legge non garantisce di per sé una sua buona, concreta applicazione. In Italia, i Piani Nazionali della Prevenzione e i Piani Regionali della Prevenzione da essi discendenti hanno provato a re-invertire la tendenza, con risultati altalenanti e non equamente distribuiti sul territorio nazionale.

Comprendere l’origine professionale di un tumore (men che meno il contributo delle esposizioni occupazionali alla genesi di tumori con reti di causazione complesse, estese a fattori ambientali e di stile di vita personale) non è mai un esercizio facile. Entrano in gioco i tempi di latenza spesso molto lunghi, la frequente scarsa conoscenza dei lavoratori della natura e della pericolosità di ciò che hanno usato ed ancor più di ciò a cui sono stati esposti indirettamente/passivamente, la povertà di molte delle basi di dati documentali disponibili (compresi molti documenti aziendali di valutazione del rischio) ed altro.

Tra le norme italiane rilevanti in tema di “tumori da lavoro” merita una menzione particolare l’art. 244 del D.Lgs. 81/08, che ha configurato una registrazione sistematica e un’analisi altrettanto sistematica (per quanto detto più sopra, a tutt’oggi lungi dall’essere adeguatamente realizzate) non solo dei mesoteliomi maligni, come già avveniva in precedenza, ma anche dei tumori naso-sinusali e dei tumori cosiddetti “a più bassa frazione eziologica occupazionale”. Per i mesoteliomi maligni e i tumori naso-sinusali (gli uni e gli altri abbastanza rari e con una quota abbastanza elevata di casi riconducibili ad esposizioni occupazionali) è stato adottato un classico approccio da “registro di patologia specializzato”. Per i tumori “a più bassa frazione eziologica occupazionale”, molti tipi dei quali sono frequenti nella popolazione generale, con una quota ridotta di casi riconducibili ad esposizioni occupazionali, l’approccio non poteva e non può che essere diverso: si è ricorsi quindi a un grande studio-controllo fondato su basi di dati correnti (SDO, anagrafi degli assistiti e storie contributive INPS), come già sperimentato in passato con il progetto OCCAM (OCcupational CAncer Monitoring).
E’ da sottolineare che la ricerca attiva dei tumori professionali rientra oggi nei Livelli Essenziali di Assistenza ed assolve tre dei LEA del 2017: il C1, il C5 e il C6.

In questo quadro, la ricerca epidemiologica può tornare a svolgere un ruolo essenziale nel definire i metodi per l’identificazione dei casi di interesse, la definizione dei profili di esposizione, la stima dei rischi e dell’incertezza, la definizione di strategie di prevenzione. In Italia, i progetti BEST e SEPRA, promossi da INAIL e condotti sulla base di un’ampia collaborazione tra enti ed istituzioni di ricerca, con il coordinamento rispettivamente dell’Università di Padova e della Clinica del Lavoro di Milano, intendono fornire strumenti operativi per contribuire all’emersione dei “tumori da lavoro”, per sviluppare una cultura e una pratica diffuse per il contrasto ai cancerogeni occupazionali, per tutelare efficacemente ed equamente i soggetti ammalati.

Il seminario di cui volentieri vi proponiamo il programma e che si svolgerà entro la cornica del 49° Congresso della Associazione Italiana Epidemiologia, intende riferire dei risultati e delle attività in corso nei progetti BEST e SEPRA nella prospettiva di rendere disponibili conoscenze e metodi utili alla comunità dei ricercatori, degli operatori della prevenzione e delle istituzioni per lo sviluppo delle azioni per ridurre ed eliminare l’esposizione a cancerogeni nei luoghi di lavoro e quindi favorire il contrasto all’insorgenza di neoplasie di origine occupazionale.

Roberto Calisti

 

 

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