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Primo soccorso ai ferrovieri sui treni merci: una modifica tanto crudele quanto inutile

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Sul Decreto 4 agosto 2025, n.52 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

In merito al Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 4 agosto 2025, n. 152, pubblicato il 10 ottobre scorso, che modifica le modalità di applicazione, in ambito ferroviario, del decreto 15 luglio 2003, n. 388 relativo al pronto soccorso aziendale, abbiamo ricevuto delle approfondite considerazioni di un gruppo di RSU e RLS del Settore ferroviario che pubblichiamo di seguito.

 

Gli scriventi Lavoratori del settore Ferroviario, nonché RSU e RLS del settore Ferroviario, hanno appreso solo casualmente, tramite un quotidiano di informazione online vicino alle imprese del trasporto merci, l’avvenuta modifica da parte del ministero dei trasporti, del decreto ministeriale 19/2011 in tema di primo soccorso sanitario ai lavoratori in ambito ferroviario. Un tema particolarmente rilevante in caso di malore del macchinista unico sui treni, con particolare riferimento ai treni merci dove non c’è neanche il capotreno.

L’articolo da cui traspaiono inutili toni entusiastici, sostanzialmente istilla nel lettore, a nostro avviso erroneamente, l’idea che l’equipaggio di condotta ad agente solo sui treni merci sia ora legittimo perché non vi sarebbe più l’obbligo di intervenire tempestivamente per portare soccorso al macchinista infortunato o colto da malore. Sempre nello stesso articolo viene affermato che si ritiene assolto l’obbligo del soccorso, ancorché tardivo, purché rispetti la famosa golden hour – ora d’oro (periodo di tempo critico che segue un trauma, un ictus o altro evento, durante il quale l’intervento medico tempestivo aumenta drasticamente le possibilità di sopravvivenza).

Affermazioni che contestiamo da anni anche sulla base delle esperienze concrete e dei macroscopici ritardi nei soccorsi, accertati sia nei casi di malore realmente accaduti che nelle simulazioni organizzate dalle imprese. Anche per queste ragioni riteniamo, da lavoratori e da Rappresentanti dei lavoratori impegnati da anni sul tema della sicurezza e della tutela dei lavoratori, che le posizioni espresse dalle imprese siano assolutamente irricevibili e particolarmente pericolose.

Nello specifico vorremmo far presente che il soccorso del macchinista in servizio di condotta ai treni è certamente un problema complesso e già noto, affrontato e in alcuni casi risolto grazie all’intervento degli Organi di Vigilanza che hanno indotto le imprese a rivedere la formazione dell’equipaggio,  cristallizzando così un diritto – anche del lavoratore ferroviere – al soccorso tempestivo ed efficace in ogni punto della linea, concetto emerso da numerosi elementi normativi e giurisprudenziali.

L’art. 2087 del Codice Civile, il D.Lgs. 81/2008, il DM 388/2003, il DM 19/ 2011, nonché l’interpello 2/2016, ed infine recenti sentenze di cassazione (Cassazione Civile, Sez. Lav., 15 ottobre 2021, n. 28353) palesano la necessità di un soccorso, in caso di malore del macchinista, tempestivo ed efficace in ogni punto della linea analogamente al diritto di qualsiasi altro cittadino.

Questi atti, nel complesso, delineano un quadro normativo in cui – a fronte del ritardo aggiuntivo inevitabile per portare i soccorsi in linea, connaturato alle difficoltà di raggiungere il treno sulle linee di montagna, in galleria sui viadotti, ecc. – si confermano e si rafforzano i principi posti a tutela della salute del lavoratore, anche riguardo al “primo soccorso”. Principio che non può essere sacrificato da modelli organizzativi aziendali volti al massimo profitto e alla concorrenza, come la riduzione dell’equipaggio ad agente unico, se questi compromettono in modo significativo i tempi di intervento.

L’articolo 2087 del Codice Civile stabilisce, infatti, l’obbligo generale in capo al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. Questo principio giuridico, posto a fondamento del nostro Ordinamento impone al datore di lavoro (in questo caso dell’Impresa Ferroviaria), di valutare ogni rischio e di adottare non solo le misure imposte dalla legge, ma anche tutte quelle “che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica”.

La giurisprudenza ha interpretato il 2087 c.c. nel senso che, in caso di malore del macchinista in linea, l’assenza di un secondo agente che possa soccorrere immediatamente, allertare i soccorsi e condurre il treno in una posizione facilmente accessibile ai mezzi e agli operatori del 118, costituisce una violazione dell’obbligo di massima sicurezza tecnologicamente possibile imposto dalla norma. Ciò ha legittimato in diverse occasioni il rifiuto del macchinista di guidare ad agente solo per l’eccessivo pericolo per la propria salute. (Cassazione Civile, Sez. Lav., 15 ottobre 2021, n. 28353).

 

La modifica al DM n. 19/2011 che regola l’applicazione del pronto soccorso in ambito ferroviario apportata di recente, tenta di cancellare l’obbligo di intervenire tempestivamente con i soccorsi, cancellando due frasi che indicavano esplicitamente che il soccorso doveva essere organizzato “per ciascun punto della linea” e “nei tempi più rapidi possibili”.

Nonostante questa modifica l’impianto normativo di tutela resta comunque solido perché resta intatto l’obbligo di tempestività dei soccorsi, anche se non è più esplicitamente indicato. Sarebbe irragionevole ipotizzare che il primo soccorso non debba essere garantito con la massima velocità e in ogni parte del luogo di lavoro.

Se la configurazione degli equipaggi a macchinista solo (nei treni merci denominata MEC 3 ovvero macchinista più agente non abilitato alla condotta), impone che siano i soccorsi a dover andare incontro al treno (in una galleria o in un viadotto), piuttosto che essere raggiunti dal treno, il soccorso è rallentato in misura estremamente significativa e non facilmente prevedibile.

Si genera infatti un ritardo aggiuntivo, oltre a quello ineludibile dei tempi normali di intervento per tutti i cittadini che deriva dalle difficoltà per i soccorritori di raggiungere il treno o il cantiere in luoghi non serviti dalla rete stradale.

Ad oggi, si può continuare ad affermare che, data la conformazione orografica del territorio e le caratteristiche della generalità delle nostre linee ferroviarie che si snodano per la maggior parte del percorso su zone impervie, ricchissime di gallerie e viadotti, l’equipaggio con un solo macchinista abilitato alla guida su gran parte della rete non è conforme agli obiettivi della legge, in quanto non garantisce la “tempestività” richiesta per il soccorso.

Tale interpretazione è stata autorevolmente confermata dalla risposta del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali all’interpello n. 2/2016 presentato dalla Conferenza delle Regioni, riguardo l’esigenza di una risposta rapida ed efficace per il soccorso.

In merito alla composizione degli equipaggi la Commissione afferma che, “Sebbene il modello organizzativo sia una libera scelta del datore di lavoro, l’obbligo di garantire il soccorso qualificato nei tempi più rapidi possibili (coerentemente con i tempi di intervento standard dei servizi di emergenza) deve essere inteso in modo tale da comprendere anche possibili modifiche al modello organizzativo scelto se questo determina tempi di intervento più lunghi o modalità meno efficaci”.

Sentenza Cassazione Civile, Sez. Lav., 15 ottobre 2021, n. 28353. La giurisprudenza ha dato ragione ai macchinisti che si sono rifiutati di condurre treni in modalità “agente solo/MEC 3”. Il comportamento dei due macchinisti, che si rifiutarono di condurre un treno merci in assenza di altro macchinista o agente abilitato alla guida, è stato ritenuto legittimo ai sensi dell’Art. 2087 c.c. e dell’Art. 1460 c.c. (eccezione di inadempimento). Il lavoratore può legittimamente rifiutarsi di eseguire la prestazione se le condizioni di lavoro mettono a serio rischio la sua salute e sicurezza (come l’impossibilità di ricevere un primo soccorso tempestivo in caso di malore).

Le sentenze hanno stabilito che l’assenza di un secondo agente o di un capotreno formato per la conduzione dei mezzi Ferroviari, o l’impossibilità di garantire un soccorso qualificato in tempi rapidi in caso di malore del macchinista unico, costituisce una grave violazione dell’obbligo di sicurezza posto a carico del datore di lavoro, rendendo illegittime le sanzioni disciplinari per il rifiuto della prestazione. L’insieme di queste disposizioni e le interpretazioni legali sostengono il principio che il macchinista, come qualsiasi cittadino, ha diritto a un soccorso tempestivo e qualificato. Questo diritto prevale sulle scelte di organizzazione aziendale (come l’agente solo) se queste rendono il soccorso significativamente più lento, difficile o inattuabile, specialmente in contesti operativi e ambienti di lavoro critici come sono le linee ferroviarie Italiane.

A tal proposito, a rendere ancor più rischioso indebolire il modello organizzativo a doppio agente, occorre rammentare il numero delle gallerie ferroviarie nei 16.800 km di infrastruttura, circa 1.633 gallerie ferroviarie, l’estensione maggiore d’Europa, dato parziale che si riferisce solo alla rete principale. Di queste circa 1.289 sono più lunghe di 1 km o costituiscono una “sequenza di gallerie”, ovvero quelle intervallate da un tratto all’aperto inferiore a 500 m. Sul totale delle gallerie di lunghezza superiore a 500 m circa il 65% è in servizio da più di 50 anni, quindi da prima del 1972.

Condizioni queste che rendono il soccorso a un macchinista colto da malore o infortunio, specialmente in zone geografiche difficili o non facilmente accessibili lungo la linea ferroviaria, una vera e propria criticità risolvibile solo consentendo al treno di andare incontro ai soccorsi e non viceversa.

 

Le principali difficoltà del soccorso in un territorio geografico complesso come quello italiano sono molteplici:

  • localizzazione precisa: può essere difficile individuare con esattezza la posizione del treno fermo sulla linea, attività essenziale per inviare e coordinare i soccorsi;
  • difficoltà di accesso e percorrenza; punti di accesso limitati, i soccorritori sanitari (es. 118) devono raggiungere il treno partendo da punti di accesso concordati o stazioni vicine;
  • tempo di attesa: occorre attendere l’arrivo del personale RFI necessario per la scorta in linea a tutela dei soccorritori;
  • percorso a piedi: una volta raggiunto il punto di accesso, il personale di soccorso deve spesso percorrere a piedi la massicciata ferroviaria o camminamenti lungo i binari spesso disconnessi o inesistenti, portando con sé le attrezzature;
  • irregolarità del terreno: la massicciata (il pietrisco su cui poggiano la linea ferroviaria) è un terreno irregolare e difficile da percorrere, specialmente di notte o in condizioni meteorologiche avverse;
  • distanze: il convoglio fermo può trovarsi anche a diversi chilometri di distanza dal punto in cui i soccorritori possono accedere alla linea, allungando i tempi in modo significativo;
  • ostacoli specifici: gallerie lunghe, ponti, viadotti o tratti di linea isolati lontano da centri urbani e stazioni rendono l’intervento particolarmente gravoso e lento;
  • coordinamento: difficoltà di coordinamento tra i diversi attori coinvolti, lavoratori direttamente interessati, impresa ferroviaria, diverse strutture di RFI, 118, vigili del fuoco, ecc.
  • comunicazioni: criticità relative alle comunicazioni radio telefoniche in zone isolate o impervie;
  • interruzione della circolazione: è indispensabile interrompere la circolazione ferroviaria sul tratto interessato per garantire la sicurezza del personale di soccorso e consentirne l’accesso ai binari. Questa operazione richiede un forte coordinamento tra le Sale Operative Ferroviarie e i soccorritori.
  • tempi obiettivo per i soccorsi: le normative attuali per il soccorso a qualsiasi cittadino e quindi a qualsiasi lavoratore prevedono tempi di riferimento ben definiti per l’intervento, 8 minuti in ambito urbano e 20 in ambito extraurbano, salvo particolari complessità orografiche, spesso presenti in ambito ferroviario. E proprio per questa ragione, le difficoltà oggettive ineliminabili date dal contesto ambientale in cui si svolge l’attività produttiva delle imprese ferroviarie, che è necessario non aggravare i ritardi con scelte organizzative e gestionali non orientate a compensare le difficoltà di intervento dei soccorritori.

 

A fronte di questi rilievi riteniamo assolutamente non condivisibile una tesi che ipotizza una pericolosa involuzione di sicurezza modificando l’equipaggio di condotta ai treni merci, passando da due agenti abilitati alla condotta ad un solo agente in grado di poter condurre il treno.

Infine rammentiamo che i treni merci trasportano anche materiali infiammabili con possibili conseguenze disastrose in caso di contestuale necessità di soccorso e inconveniente tecnico, rammentiamo a tutti infatti le terribili immagini di un treno di merci pericolose deragliato a Viareggio, un caso purtroppo non isolato in tema di trasporto merci in generale anche se con epiloghi completamente diversi. Siamo tuttavia fermi e determinati nel ribadire che il decreto di modifica si configura come un vero e proprio “regalo” alle imprese, una sorta di “inchino”, che tuttavia non intacca lo schermo giuridico posto a tutela dei lavoratori. Forse le imprese che hanno ispirato l’articolo non hanno effettuato i necessari approfondimenti tecnici giuridici e normativi prima di asserire con leggerezza che la strada per l’agente solo sui treni merci sia possibile senza incorrere in un aumento incontrollato e incontrollabile dei rischi per i lavoratori e di riflesso sui cittadini.

 

RLS macchinista Fabio Riberti, RSU macchinista Andrea De Bernardinis, ex RLS macchinista Dante De Angelis, ex RLS macchinista Giuseppe Grillo, RLS macchinista Domenico Maimone, RLS macchinista Maurizio Mingaroni, RLS macchinista Giovanni Gigantino, ex RLS macchinista Luigi Cacia, RLS macchinista Guido Licastro, RLS e RSU macchinista Agostino Nicoletta, ex RSU macchinista Gaetano Maiorano, RSU Macchinista Antonino Catalano, Macchinista Matteo Mariani (redazione Ancora in Marcia), ex RLS Roberto Testa, macchinista Archimede Corvino, macchinista Fausto Galanti, formatore/verificatore Jacopo Grossule.

 

 

 

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