Una “certificazione di conformità” tesa a salvare le griffe dalle responsabilità verso le aziende subappaltatrici?
Un emendamento di Fratelli d’Italia al DDL sulle PMI, approvato in prima lettura al Senato, e dedicato alle aziende del settore della moda italiana, introduce – tramite una “certificazione di conformità” richiesta su base volontaria dal capofila della filiera e rilasciata dal Ministero delle imprese e del made in Italy (MIMIT), – un meccanismo che sarebbe in grado di mettere al riparo le aziende committenti dalle responsabilità sulle eventuali condotte irregolari delle aziende subappaltatrici della filiera.
L’allarme verso l’arretramento che la norme potrebbe produrre nella tutela di salute e sicurezza sul lavoro (ma non solo) è stato lanciato dalle organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL e dalle opposizioni, a cui ha dato voce potente il sen. Tino Magni (AVS, presidente della Commissione Parlamentare Senato sulle condizioni di lavoro, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro), qui ripreso da Diario Prevenzione.
L’atto politico attuale si realizza, non casualmente, nel pieno del clamore suscitato da diverse inchieste che hanno interessato noti marchi della moda italiana e che hanno portato anche a significativi interventi giudiziari (es. sequestro di denaro, amministrazione giudiziaria):
https://www.ilpost.it/2025/10/22/aziende-regolarizzate-autonomamente-sfruttamento-filiere/
Da segnalare che nello stesso DDL, compaiono norme che prevedono l’esonero dall’assicurazione obbligatoria per veicoli quali carrelli elevatori e altre macchine non destinate alla circolazione, le cui ricadute saranno comunque da valutare.
Nel frattempo questo è quello che succede in un un tomaificio della filiera …

