Una sintesi di Lucia Miligi
Pubblichiamo con piacere il resoconto del Convegno di Padova che Lucia Miligi ha voluto offrirci accompagnandolo con queste parole: “Vi mando una sintesi del convegno che è stato fatto per ricordare Enzo Merler a cui io ho partecipato con molta commozione ma contenta per tutta la ricchezza di quanto raccontato sulle cose fatte da Enzo e per tutta la stima nei suoi confronti.”
Il 9 maggio a Padova, nell’aula Morgagni del Policlinico, ci siamo incontrati per ricordare l’eredità di Enzo nel campo della sorveglianza, della ricerca e della giustizia. È stato un momento di riflessione sull’amico, collega, medico del lavoro ed epidemiologo stimato da tutti. Il convegno è stato organizzato dal Prof. Annibale Biggeri (DCTV) e dalla Prof.ssa Claudia Marcolungo (DAFNAE).
Io ho lavorato con Enzo quando lui era al CSPO (ora ISPRO Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete oncologica) a Firenze: nel mio intervento ho voluto sottolineare come Enzo, tra le tante cose fatte, abbia contribuito in modo significativo alla conoscenza sulla cancerogenicità delle polveri di cuoio e di legno attraverso studi epidemiologici condotti nel Veneto e in Brianza fondamentali insieme ad altri italiani di quegli anni (‘80 e ‘90) e a ricerche condotte in tutta Europa, per la valutazione di cancerogenicità della IARC di questi agenti.
In Italia, poi, è stato implementato un sistema di sorveglianza epidemiologica, in ottemperanza dell’art. 244 del Dlgs 81/2008, il Registro Nazionale dei Tumori Naso-Sinusali ReNaTUNS – presso INAIL DIMEILA, che sempre più Regioni, oltre alla Toscana, stanno alimentando, contribuendo così, con la ricerca attiva dei casi, ad aumentare le conoscenze sulle esposizioni, anche in settori inusuali, e favorendo il riconoscimento di questo tumore raro come malattia professionale e offrendo un sostegno importante alle persone colpite.
Alessandro Marinaccio, ha ricordato il ruolo di Enzo nello sviluppo dei registri di sorveglianza ed in particolare del Registro Nazionale dei Mesoteliomi Maligni (ReNaM) di cui è stato responsabile per la Regione Toscana quando ha lavorato a Firenze presso il CSPO e successivamente nel COR della Regione Veneto. Il contributo di Enzo è stato fondamentale sia nella funzione di epidemiologia descrittiva e analitica propria del registro sia nella discussione scientifica su diversi punti critici che, nel corso degli anni, ha contribuito a chiarire. Marinaccio ha evidenziato che, nell’ambito del ReNaM, è stato condotto il primo studio epidemiologico analitico per i mesoteliomi maligni del pericardio e della tunica vaginale del testicolo, documentando per la prima volta nella letteratura l’esposizione a fibre di amianto. Ha anche ricordato il contributo che ha dato nell’innovazione positiva e la svolta nelle politiche di riconoscimento delle responsabilità sociali delle malattie da amianto e nelle politiche di welfare con l’istituzione del fondo vittime amianto. La sua istituzione è stata sollecitata per raggiungere una maggiore giustizia sociale, in particolare verso i soggetti colpiti da malattie causate dall’amianto per esposizioni non determinate dal lavoro.
Stefano Silvestri ha ricordato il percorso di Enzo come collega a Firenze al CSPO dove nacque un rapporto di amicizia e di collaborazione soprattutto sui casi di mesotelioma ed esposizione ad amianto. Enzo in Toscana si è occupato di amianto per i casi di mesotelioma nelle Officine Grandi Riparazioni e nelle Vetrerie ma anche di altri cancerogeni, come il mercurio, nelle miniere dell’Amiata o nei cappellifici, contribuendo ad articoli fondamentali sulla cancerogenicità del mercurio. Stefano ha ricordato la pubblicazione della Regione Toscana “C’era una volta… l’amianto” (Giunta Regionale, 1995) curata da lui e da Enzo, che aveva documentato le attività di censimento e controllo del rischio lavorativo legato all’amianto in Toscana. Enzo, dopo Firenze, ritorna nel Veneto e segue i COR ReNaM, contribuisce alla stesura del secondo rapporto sul ruolo dell’esposizione lavorativa ed ambientale ad amianto nella genesi dei casi di mesotelioma insorti in residenti del Veneto, pubblicando i nomi e la ragione sociale delle ditte dove si erano verificati casi di mesotelioma nonostante gli impedimenti dettati dalla normativa sulla privacy.
Negli anni ‘90 Enzo andò a lavorare alla IARC: ce lo ricorda Annibale Biggeri che lavorò con lui sugli andamenti della mortalità per mesotelioma negli allora paesi europei. Biggeri riflette sul passaggio degli anni ’80, caratterizzato da un entusiasmo tra gli epidemiologi, ad un periodo di luci ed ombre con contrasti e divisioni anche dovuti a palesi conflitti di interessi di alcuni. Attualmente stanno studiando la mortalità per mesotelioma a 40 anni dal bando dell’amianto, utilizzando strumenti come il “machine learning” per pulire i dati (in questo caso sul certificato di morte con il controllo per ICD) e facendo analisi per coorti di nascita, con interessanti risultati per gli andamenti per Regione e per genere. Biggeri poi ha parlato di Enzo per il suo ruolo nello studio dei PFAS e per la sua partecipazione alle indagini sulla contaminazione da PFAS in Veneto, in particolare per quanto riguarda i lavoratori dell’azienda Miteni, ma anche per i suoi contatti con l’associazione Mamme No PFAS che lottano contro la contaminazione delle acque da sostanze chimiche PFAS.
Franco Carnevale racconta che, dopo la laurea nel 1976, Enzo si è dedicato alla medicina del lavoro, alla divulgazione, alla politica della salute con un forte impegno verso i lavoratori. Nei primi anni, grazie ad una borsa di studio della Regione Veneto, ha potuto sviluppare la sua vocazione epidemiologica anche se dovette poi abbandonare l’Istituto di Medicina del Lavoro di Verona a causa di contrasti, andando poi a lavorare all’Istituto di Anatomia Patologia della stessa Università. Parallelamente ad un impegnativo lavoro presso un Servizio di Medicina del lavoro del mantovano, compie indagini che gli consentono di presentare contributi importanti sui tumori del naso tra i lavoratori del legno e del cuoio (Alberto Baldasseroni presente al convegno racconta questa esperienza fatta con Enzo), sulle placche pleuriche in esposti ad amosite e sulla sorveglianza sanitaria in lavoratori esposti a basse dosi di benzene.
Dal 1988 ottiene una posizione stabile presso il Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica di Firenze per passare poi al Registro dei Mesoteliomi del Veneto a Padova. Tra il 1995 ed il 1997 svolge un periodo di perfezionamento e di ricerca alla IARC di Lione e quindi a Chapell Hill (USA).
Si è guadagnato con impegno, metodo e sacrifici il titolo di primo ricercatore epidemiologo, dedicando tutta la sua vita alla salute dei lavoratori ed alla sanità pubblica. Enzo è ricordato non solo per i suoi articoli scientifici, ma anche per quelli su riviste sindacali e per il bellissimo libro con sua moglie, l’antropologa Francesca Cappelletto, sulle storie di ammalati di mesotelioma dalle miniere di Wittenoom al Veneto. Franco conclude dicendo che Enzo è stato uno spirito irrequieto e generoso ed ha lavorato con rigore e passione, sempre con puntigliosità e con un suo caratteristico rigore.
Paolo Vineis ricorda l’amicizia con Enzo e come sia stato influenzato e sollecitato da lui a riflettere su molti argomenti, anche nei momenti di vacanza passati insieme. Enzo era un ricercatore impegnato tra il livello sociale e politico: pensiamo ai suoi articoli sui migranti italiani a Wittenoom nelle miniere di amianto di cui ricostruì la coorte studiata sia sugli esiti di malattia, ma anche per gli aspetti antropologici insieme alla moglie. Enzo aveva messo in risalto anche gli aspetti di disparità di trattamento tra chi si era ammalato in Australia ed era italiano rispetto agli australiani. Enzo inoltre aveva riflettuto sui nuovi rischi occupazionali emergenti quali quelli determinati dalla transizione ecologica o la precarietà sul lavoro in particolari per i giovani e sull’incertezza esistenziale che grava su di loro. Vineis sottolinea come Enzo abbia sviluppato insieme a Francesca quanto il capitale biologico si intersechi con quello sociale e come le biografie delle persone si intersechino con gli aspetti biologici. Riprende infine a parlare degli studi sulla metilazione del DNA ed esposizioni occupazionali, di cui aveva discusso con Enzo.
La sociologa Rosalba Altopiedi ha sottolineato l’importanza della ricerca partecipata nelle comunità contaminate, come nel caso dell’amianto, evidenziando come sia fondamentale ascoltare le esperienze delle persone ed integrare saperi diversi. Ha così affrontato il tema della costruzione della conoscenza nelle comunità contaminate, ricordando il difficile cammino della ricerca partecipata e le difficoltà di accedere ad alcune conoscenze. I disastri dovuti all’amianto ne sono un esempio e sottolinea l’importanza di prendere sul serio le comunità, considerando l’esperienza che le persone hanno vissuto sulla loro pelle e di ripensare la gerarchia del sapere. Un esempio di ricerca partecipata è quello di Alessandria dove partirà uno studio epidemiologico molto atteso dalla popolazione e che terrà in considerazione sia gli attivisti che la popolazione e sarà un esempio di una “community based participatory research”. Tra i cammini intrapresi, un altro esempio è quello del movimento che si è creato contro gli effetti dei PFAS e il contributo dato dalle “mamme no PFAS”. Conclude che è auspicabile la contaminazione tra saperi esperienziali e quelli della ricerca, pur nella consapevolezza che comunque non è semplice e che a volte ci sono conflittualità.
Corrado Magnani riparla di amianto e delle questioni che, su diversi piani, si presentano come quella del rischio per le donne. Dal VII rapporto ReNaM emerge che una percentuale elevata di donne sono state definite con esposizione ad amianto “ignota”. Mentre non c’è dubbio che il mesotelioma negli uomini sia legato all’esposizione all’amianto, alcuni autori hanno suggerito che la maggior parte dei casi diagnosticati nelle donne sia “idiopatica”. Invece, i risultati dell’analisi pooled delle coorti italiane, a cui Enzo ha contribuito, dimostrano proprio il contrario, osservando rischi elevati sia per gli uomini che per le donne. Questo attesta come risulti sempre più importante dettagliare le storie di esposizione nelle donne, riducendo la quota di informazione che manca per definire meglio la loro esposizione e questo sia per la conoscenza scientifica che per una questione di giustizia sociale. Il continuo mancato riconoscimento dell’amianto come causa della maggior parte dei casi di MM nelle donne rende un profondo disservizio a loro e ai loro parenti.
Antonio Baldassarre ha parlato dell’evidenza scientifica per la tutela della salute dei lavoratori esposti a cancerogeni e dell’approccio One Health. Ha richiamato l’importanza dei registri professionali e soprattutto il registro dei tumori a bassa frazione eziologica e le prospettive di poter studiare meglio l’esposizione dei lavoratori considerando anche marcatori di suscettibilità e la medicina di precisione.
Alessia Angelini e Paolo Ricci hanno fatto un intervento a due voci dal titolo “Superior stabat lupus…, ovvero le obiezioni della Difesa nei processi penali sui tumori amianto-correlati” prendendo spunto dalla loro lunga esperienza dei processi, che hanno condiviso anche con Enzo, in Corte d’Appello come CT in diversi processi in cui si sono dovuti scontrare con tesi scientifiche distorte che non trovavano adeguati supporti di letteratura ma che, essendo state pronunciate “ex cathedra” da esimi professori, colpivano l’immaginario di giudici non sufficientemente a conoscenza di un tema complesso come questo dell’amianto. Destituirli di fondamento non è mai stato semplice, ma certamente necessario, perché nulla si dava per scontato in tali sedi, a differenza di quelle scientifiche. Vengono così presentati in un bel dibattito a due voci, le principali obiezioni delle difese con le rispettive controdeduzioni, con un focus sull’ultima questione relativa al peso delle esposizioni recenti.
L’impegno di Enzo per le vittime dell’amianto, la sua diligenza e passione che si è tradotta nella partecipazione all’associazione vittime dell’amianto Bepi Ferro è stata ricordata da Rosanna Tosato, che ha iniziato affermando che questa giornata sarebbe piaciuta ad Enzo perché si è parlato di dati, di ricerca e di prevenzione. Viene ricordato come Enzo partecipasse alle loro riunioni ascoltando in silenzio con massima attenzione, magari smontando anche gli entusiasmi, ma suggerendo correzioni e integrazioni per arrivare ad una strada condivisa. Viene ricordata la sua partecipazione ai processi e come Enzo abbia sempre dato seguito alle sue intenzioni di mettere in primo piano il riconoscimento dei diritti dei più deboli e così è stato anche per quanto riguarda i lavoratori della MITENI e l’inquinamento da PFAS. Su questo fronte ha collaborato strettamente con la CGIL Veneto anche per il riconoscimento di malattie professionali in questo contesto, ma non tutto è stato facile al contrario ci sono stati blocchi e non riconoscimento di questa esposizione. L’associazione lo ricorda per il suo impegno civile anche assumendo posizioni scomode.
Su tutta la problematica dei PFAS interviene anche Pietro Comba, ricordando che aveva incontrato e lavorato con Enzo su questo importante problema nel Veneto, anche se lo conosceva dagli anni ’80. Nell’ ’83 si incontrarono al convegno sui tumori professionali ad Helsinki e poi in Svezia e in quel periodo Enzo conobbe anche Axelson, epidemiologo che molto ha contribuito all’epidemiologia occupazionale, che fu molto colpito – ricorda Comba – dal suo spessore scientifico. Ricorda inoltre la collaborazione per il documento condiviso AIE sull’amianto e l’essersi poi ritrovati sul problema dei PFAS su cui Enzo ha dato molte utili indicazioni. Ha ricordato infine la sinergia che su questo tema si era creata tra ISS, Ministero e IARC, purtroppo non concretizzata in un documento di indirizzo.
I ricordi su Enzo sono poi continuati con molta emozione con l’intervento di Tony Fletcher da remoto in cui ha parlato del suo rapporto con Enzo come persona e come amico, di Benedetto Terracini che ci ha raccontato una lettera di Enzo nel suo periodo in cui ebbe una borsa di studio all’Università del North Carolina a Chapel Hill di cui era molto contento e infine di Stefano Silvestri che ha raccontato momenti di vita con Enzo quando ha lavorato all’allora CSPO a Firenze.
Lucia Miligi