Premessa
Anche in virtù delle finalità previste dal proprio statuto, SNOP intende promuovere la partecipazione al referendum del 8 e 9 giugno, i cui quesiti vertono su aspetti di lavoro, diritti e uguaglianza, direttamente o indirettamente legati a questioni di salute che meritano una presa di posizione da parte dei cittadini.
In quest’ottica, vogliamo raccogliere qui alcuni interventi invitati che trattano i temi che sono oggetto del referendum, contando con questo di fornire ulteriori informazioni e orientamenti utili per la scelta che viene chiesta agli elettori.
Chi voglia intervenire può farlo lasciando un commento nello spazio in fondo alla pagina, a cui si accede dopo registrazione al sito o con il proprio account se già registrati, oppure inviando il contributo proposto a presidenza@snop.it.
Il mio punto di vista quale volontaria dell’Associazione Medici per la Pace di Verona
Di Manuela Peruzzi
L’8 e il 9 giugno 2025, i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per esprimersi su cinque quesiti referendari, tra cui uno di particolare rilevanza per le comunità migranti; la modifica delle norme sulla cittadinanza. Questo referendum propone di ridurre da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia necessario per richiedere la cittadinanza italiana, estendendo automaticamente questo diritto anche ai figli minorenni dei richiedenti.
In questo modo si vuole facilitare l’integrazione dei cittadini stranieri che risiedono stabilmente nel nostro Paese, riconoscendo il loro contributo alla società italiana, ma soprattutto riconoscendo i diritti sanciti dalla Costituzione: lavoro, assistenza sanitaria, uguaglianza.
Attualmente, la legge richiede, per poter presentare domanda di cittadinanza, una permanenza ininterrotta di 10 anni di residenza, il doppio degli anni rispetto alle regole in vigore prima del 1992. La riduzione a 5 anni rappresenterebbe una significativa diminuzione dei tempi di attesa per una sicura inclusione sociale.
Rimangono invariati gli altri criteri previsti dalla normativa vigente, come la conoscenza della lingua italiana, un reddito adeguato, l’assenza di precedenti penali e il rispetto degli obblighi fiscali. Abbreviare i tempi a cinque anni semplificherebbe un percorso oggi ostacolato da lungaggini burocratiche e avvicinerebbe l’Italia agli standard di altri Paesi europei. Contribuirebbe anche contrastare la precarietà, lo sfruttamento e la subalternità del lavoro facendo uscire gli immigrati da un ricatto che li costringe ad accettare salari inferiori, condizioni di lavoro e di rischio peggiori degli altri lavoratori e soprattutto ponendo un freno al dilagante fenomeno del lavoro nero.
A conferma di questo problema è il Rapporto della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (2023) sull’attività della rete degli ambulatori del Terzo settore in Veneto, tra cui l’Associazione Medici per la Pace di Verona, che tra i volontari conta diversi medici del lavoro, aderenti a SNOP.
Questo rapporto sull’attività svolta in campo sociale e sanitario nei confronti degli immigrati e delle persone senza fissa dimora, fa emergere un quadro complesso, fatto di difficoltà ed ostacoli amministrativi per ottenere la legalità della loro posizione di cittadini, una serie di problemi che contribuiscono ad un allungamento dei tempi se non un impedimento sull’acquisizione del diritto di cittadinanza.
Infatti, i migranti che accedono agli ambulatori di prossimità, spesso sono privi di permesso di soggiorno, senza documenti, né tessera sanitaria o scaduta perché hanno concluso il lavoro stagionale in regola. Non avere la tessera sanitaria né riuscire ad ottenere quella provvisoria (peraltro prevista per legge) significa l’impossibilità di prescrizione di cure farmacologiche, di prescrizione di esami strumentali o di avviare percorsi di cura per malattie cronico degenerative o oncologiche.
Questi utenti spesso sono lavoratori che, per il loro stato di irregolarità, si trovano senza contratto di lavoro e con paghe sotto la soglia minima contrattuale e che sono costretti a condizioni di lavoro pesanti, insostenibili per la fatica fisica, per gli orari e le temperature elevate con conseguenze talvolta drammatiche, come con frequenza accade nel lavoro nei campi o nei cantieri.
Lo stato di irregolarità amministrativa accanto a condizioni di povertà abitativa, di assenza di residenza, o di fissa dimora, sono tutte cause che compromettono il conteggio degli anni di residenza stabile necessari per presentare la domanda. Allo stesso tempo, quando si riesce a presentare la richiesta, i tempi di attesa sono lunghissimi, con continui rimandi e difficoltà burocratiche.
Ecco perché questa modifica legislativa, voluta dal referendum, di ridurre a 5 anni il tempo necessario di residenza per poter ottenere la cittadinanza italiana, costituisce una svolta importante per circa 3 milioni e 727 mila (ISTAT 2023) cittadine e cittadini di origine straniera che in Italia nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano e portano un contributo produttivo ed economico per la crescita del nostro paese.
Significa anche aprire più possibilità ad un’altra fetta di popolazione in crescente aumento che si trova in condizioni peggiori perché privi di residenza, (intorno a 303.000) e altre centinaia (circa 506.000 stranieri) privi di regolare titolo di soggiorno (Statistiche del Ministero dell’Interno riprese dalla Fondazione Migrantes e Fondazione ISMU ETS del 2023).
Manuela Peruzzi