In merito al Decreto Legislativo 103/24 entrato in vigore il 2 agosto scorso, pubblichiamo gli interventi di Graziano Maranelli e Tiziana Vai e, in allegato, l’analisi critica di Manuela Peruzzi.
Si poteva, pur con le dovute cautele, concordare con le finalità che erano state poste nella legge delega 5 agosto 2022, n. 118, che si proponeva di “assicurare la semplificazione degli adempimenti e delle attività di controllo, consentendo l’efficace tutela degli interessi pubblici, nonché di favorire la ripresa e il rilancio delle attività economiche”. Ma la sua attuazione, avvenuta ora con il Decreto Legislativo 12 luglio 2024, n. 103 è invece fonte, oltre che di diverse incertezze e perplessità, di molte preoccupazioni, tanto più se viene letto – come è doveroso sia – alla luce delle premesse annunciate alla Camera dalla Presidente del Consiglio già in occasione dell’insediamento del suo governo nell’ottobre 2022 (“Il nostro motto sarà ‘non disturbare chi vuole fare’. Chi fa impresa va sostenuto e agevolato, non vessato”).
Non a caso, il Decreto Legislativo ha richiesto a pochi giorni dall’entrata in vigore l’immediata emanazione, il 31/07/24, di una nota dell’INL – ente che peraltro copre (e ancora in comproprietà) solo uno degli ambiti di applicazione del decreto! – contenente prime indicazioni operative alle Direzioni interregionali del lavoro e agli Ispettorati, che ha lasciato ancora dubbi e questioni aperte.
Dopo un primo allarme sul suo ambito di applicazione che è in buona parte rientrato, in particolare per quanto riguarda la salute e sicurezza sul lavoro (che qui, curiosamente ma significativamente, si riduce a “sicurezza sul lavoro”), restano però preoccupazioni generali, di approccio e di impostazione delle prassi previste, che si teme possano tendere ad uniformare altri contesti normativi, dotati di altre caratteristiche e prerogative.
Pur tenendo conto dei limiti che, seppure non sempre chiaramente, vengono delineati in merito agli ambiti e ai casi di applicazione (i “controlli amministrativi”), preoccupa che – trattando ad esempio di protezione ambientale, igiene e sanità pubblica e sicurezza dei lavoratori – il Decreto tralasci, in maniera sleale, di citare e coinvolgere gli enti che ne hanno mandato istituzionale (Regioni, ARPA, dipartimenti di prevenzione delle ASL). Queto appare in maniera più evidente per la “sicurezza” dei lavoratori, in cui la questione della condivisione del campo è tuttora aperta e su cui l’INL per primo si è sentito in dovere di intervenire, ma non possiamo non rimanere in allarme per quello che può significare in altri ambiti della tutela della salute pubblica (igiene pubblica, sicurezza alimentare, veterinaria) ed ambientale.
Come alcune puntuali letture del decreto chiariscono, l’applicazione non tocca i fondamenti, ad esempio, del D.Lgs. 81/08 e del suo sistema sanzionatorio definito nel D.Lgs. 758/94, ma in noi resta la forte apprensione riguardo alla proposizione di un modello di intervento di controllo volto più a tranquillizzare i soggetti controllati
che a garantire quelli tutelati e che deliberatamente ignora, tra l’altro, specifiche prassi esistenti (es. nel sistema ASL) e che potrebbero offrire risposta ad alcune delle finalità della norma. Il decreto alimenta in noi timori su un possibile ampliamento degli ambiti interessati e sull’imposizione a questi di modelli di controllo estranei alla cultura degli enti che se ne occupano.
Benché il Ministero della salute sia cofirmatario del provvedimento e preso atto delle marginali osservazioni espresse dalla Conferenza delle Regioni e delle PPAA, in noi rimangono aperti molti dubbi al riguardo dell’inserimento di tali modelli in settori di tutela della salute e dell’ambiente gestiti da altri enti.
Tralasciando, per ovvie ragioni, di trattare l’utilità per il bene tutelato di un “preavviso” del controllo, vorremmo riferirci, ad esempio, alla creazione, sebbene per le fattispecie qui normate, di un “sistema di identificazione e valutazione del livello di rischio” che, pur nelle more della normazione tecnica attesa da UNI, apparirebbe difforme da quello in uso e codificato in questi altri ambiti. Anche in questo caso sono le particolarità dell’ambito SSL a suggerire i maggiori dubbi: innanzitutto, quali “rischi”? tutti indistintamente? E che rapporto ha questo sistema con quello della valutazione dei rischi per la SSL prevista dal D.Lgs. 81/08? Quale relazione con i modelli di organizzazione e gestione identificati dall’art. 30 del D.Lgs. 81/08? Un sistema finalizzato unicamente a certificare il livello di “rischio basso” (per quale dei rischi e con quale soglia)?
Va sottolineato, tra l’altro, che anche nella ideazione di quest’altra modalità di patente – modello evidentemente caro a questo Governo – sembrano largamente prevalere aspetti burocratici mentre, almeno per l’ambito SSL, non avrebbero valore aspetti sostanziali quali la preesistenza di danni da lavoro, eventi significativi nell’organizzazione dell’azienda, indicatori della cultura prevenzionistica e di tutela della stessa.
Anche per questi motivi crediamo che il Decreto possa diventare fonte di confusione sia per le imprese sia per gli organi di controllo ma soprattutto che esso sia di scarsa utilità per la tutela degli interessi e dei diritti dei cittadini.
A margine, osserviamo che:
- benché si richiami in premessa il principio della fiducia intorno ai controlli delle amministrazioni, la logica è ancora una volta incentrata sul rapporto controllore/controllato e non cita altre modalità di relazione tra questi soggetti, ad esempio quelli dell’accompagnamento, del supporto, dell’assistenza. Ci chiediamo: il problema per l’efficace tutela degli interessi pubblici sono sempre e solo i controlli? E solo questi potrebbero contrastare “la ripresa ed il rilancio delle attività economiche”, tanto da dover essere in qualche modo semplificati, razionalizzati, fors’anche allentati?
- il bene tutelato risulta essere un indefinito e generale “interesse pubblico”, non citando direttamente e specificamente – come invece usiamo preferibilmente fare – i soggetti (cittadini, consumatori, lavoratori, ecc.) e i beni tutelati (la salute, la dignità, l’equità …), quasi a suggerire che i diritti a cui questi fanno riferimento vadano contemperati ad altri in un “calderone” nel quale ci sono (alla pari?) anche le attività economiche o la libertà d’impresa.
Accanto ad alleggerimenti sanzionatori quali quello ottenibile con la nuova diffida amministrativa o la non sanzionabilità degli errori ”scusabili” (??), la norma contiene alcuni elementi potenzialmente positivi (in sé, il fascicolo informatico d’impresa, il coordinamento dei controlli, la programmazione …) che andranno valutati nei successivi atti che dovrebbero renderli operativi ma che rischiano di essere limitati,
oltre che da note difficoltà di realizzazione di alcuni strumenti necessari (es. quelli che devono permettere la condivisione di dati tra amministrazioni), dal contesto con forte accento burocratico in cui si trovano inseriti.
17 agosto 2024
Graziano Maranelli
Approvato sul filo di lana, il D.Lgs. 103 del 12 luglio 2024 norma gli aspetti indicati dalla Legge delega del 5 agosto 2022 in materia di semplificazione degli adempimenti e delle attività di controllo, con la finalità di consentire “efficace tutela degli interessi pubblici, nonché di favorire la ripresa e il rilancio delle attività economiche”. In attesa che si esprimano giuristi ed esperti, dobbiamo ammettere che, ad una prima valutazione, il Decreto suscita in noi più domande che certezze e non poca preoccupazione.
La scelta di un sistema di “controlli amichevoli”
Pareva sottointeso che questa azione di riordino delle attività di controllo per ottimizzare le risorse, alleggerendo, coordinando, rendendo concretamente più efficaci i controlli pubblici sulle imprese dovesse riguardare anche quelle relative alla salute e sicurezza sul lavoro. La legge delega infatti interveniva nel post COVID, dove si è osservato un preoccupante trend regressivo della gestione di salute, sicurezza e regolarità sul lavoro; la legge delega poteva pertanto essere una buona occasione per riorientare il sistema dei controlli a impegnare in modo razionale le risorse, privilegiando il controllo delle situazioni prioritarie, sfrondando le attività di scarsa rilevanza (es. eliminazione degli adempimenti non necessari alla tutela degli interessi pubblici), semplificando gli adempimenti amministrativi, introducendo criteri di priorità di rischio nella programmazione dei controlli ma anche di azioni di promozione e sostegno alle imprese. Si tratta di azioni a cui diverse delle amministrazioni interessate si erano già da tempo dedicate ma che qui vengono tralasciate.
La legge delega, che aveva una finalità condivisibile, nel D.Lgs. 103/24 viene riorientata verso una finalità che pare più orientata alla protezione delle imprese dai controlli stessi, introducendo non pochi elementi di confusione e ambiguità.
Cercando di non cristallizzare le osservazioni sulla materia della SSL, dato che il decreto riguarda la generalità dei controlli amministrativi, preoccupa l’indirizzo della norma, che ribalta i principi e i modelli ad oggi applicati per individuare le priorità di rischio ed orientare la programmazione, affermando un modello fondato su sistemi di certificazione.
Preoccupa la scelta di normare un sistema centralizzato di gestione dei controlli, tanto che l’unica istituzione che ad oggi ha reso pubblica una interpretazione giuridica ed operativa del Decreto è l’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Preoccupa il silenzio di altri soggetti istituzionali, tra cui il Ministero della Salute, confermando una percezione di abbandono degli organi di controllo del SSN competenti in alcune delle materie e che sono fortemente regionalizzati.
Genera confusione il fatto che non sia esplicitato in modo inequivoco l’ambito di applicazione della norma, che, riguardando tutti i controlli amministrativi, comprenderebbe anche i controlli amministrativi svolti dai Dipartimenti di prevenzione delle ASL. I pochi commenti che sono circolati tendono a ritenere
esclusa la materia di salute e sicurezza sul lavoro (SSL), ma l’unico rimando esplicito sono le esclusioni per i controlli su SSL su singoli punti specifici della norma.
Perché preoccupa un modello fondato su sistemi di certificazione.
L’aspetto forse più preoccupante del Decreto è l’affermazione di un modello che da tempo ha mostrato i suoi limiti e la sua incapacità di coprire comportamenti evasivi della norma: la qualità della gestione dei rischi è attestata con certificazioni e adempimenti burocratico-formali complessi, spesso delegati a soggetti esterni alle imprese. È un tema critico, soprattutto per le piccole e medie imprese, che spesso delegano le azioni valutative e di gestione dei rischi (es. rischi per la salute e sicurezza sul lavoro, per salute dei consumatori o animale, rischi per l’ambiente) nonché la redazione della relativa documentazione a consulenti esterni, sostenendo costi rilevanti che non intervengono nel migliorare le condizioni di tutela. Nel Decreto la collezione di documenti essenziali per ottenere il Report certificativo alimenterà il già fiorente mercato delle certificazioni, incoronando la cultura burocratica formale senza nulla aggiungere alla concreta gestione dei rischi.
Il Decreto introduce un percorso di attestazione di rischio “basso” nel Report certificativo, per poter essere inserito nel Fascicolo telematico di impresa. Questo sistema di identificazione dei rischi deve essere applicato anche all’“ambito omogeneo” della “sicurezza dei lavoratori”. Prescindendo dal fatto che non è chiarito di quali rischi si occupi il decreto, quale confusione si produrrà nel linguaggio, nel metodo e nelle prassi della valutazione del rischio applicata alla prevenzione sul lavoro a norma del D.Lgs. 81/08, contrapposto al modello del D.Lgs. 103/24 basato su certificazioni e su nuovi soggetti valutatori come gli Enti certificatori?
L’ambito di applicazione della norma è controverso
Un aspetto prioritario da chiarire riguarda l’ambito di applicazione del decreto che, all’art. 1 tra gli ambiti di esclusione, non esplicita la sicurezza sul lavoro. Mentre la “sicurezza dei lavoratori” è un ambito soggetto al nuovo sistema di identificazione del rischio (art. 3) sono esonerati dalla “programmazione degli accessi ispettivi con intervalli temporali correlati alla gravità del rischio” i controlli in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro (art. 5) così come è esplicitata ad esso l’inapplicabilità della diffida amministrativa (art. 6). Sembra quindi ci sia una indicazione generale di inclusione dei controlli in materia di SSL, fortemente ridimensionata da specifiche e puntuali disposizioni di esclusione.
Alcuni commenti circolanti affermano che il Decreto sembra esentare i controlli in materia di salute e sicurezza sul lavoro, intervenendo sulla riorganizzazione dei controlli di tipo amministrativo. Ma cosa si intende per controllo amministrativo? Se si tratta del controllo sull’osservanza di disposizioni per cui, in caso di violazione, è prevista una sanzione amministrativa, sarebbero ricompresi i controlli su alcuni adempimenti tutt’altro che irrilevanti previsti dal D.Lgs. 81/08 (es. tessera di riconoscimento in caso di appalti, temi e verbale della riunione periodica, trasmissione dell’allegato 3B da parte del medico competente, ecc.).
15 agosto 2024
Tiziana Vai