NOI SIAMO
QUELLI CHE...

Pensano che le informazioni sullo stato di salute delle persone e delle comunità, sulle malattie e gli infortuni, sulle cause di entrambi...costituiscano una premessa indispensabile per fare prevenzione;
Offrono alle istituzioni, ai corpi intermedi della società...valutazioni, proposte, azioni di informazione e formazione con l'intento di partecipare...;
Non hanno conflitti di interesse...per cui sono liberi di dire ciò che pensano
Comunicano in modo trasparente...
Non hanno tra gli obiettivi prioritari la difesa di categorie o di singole figure professionali...
Cercano un continuo confronto con le altre Società scientifiche che operano nel mondo della prevenzione...
Non hanno mai smesso di credere nella necessità di un sistema pubblico di prevenzione diffuso in tutto il paese, in grado di garantire il diritto alla salute e di contrastare le diseguaglianze.
Pensano che la solidarietà e la partecipazione siano ancora valori indispensabili.
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Il futuro da Bruxelles: che forma di società vogliamo?

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Un resoconto di Giulio Andrea Tozzi sulla conferenza ETUI del 3-4 dicembre 2019.

Le occasioni per guardarsi intorno e dare un’occhiata d’assieme alle dinamiche del lavoro e delle minacce per l’ambiente non sono frequenti.
Una di queste è tuttavia,
senza dubbio, l’appuntamento annuale dell’ETUI a Bruxelles, che quest’anno si proponeva di riflettere sul Futuro della Salute e Sicurezza in Europa (The Future of Health and Safety in Europe, per le presentazioni:

s://www.etui.org/Topics/Health-Safety-working-conditions/News-list/The-ETUI-debates-the-future-of-occupational-health-in-Europe).
Nel pomeriggio del 3 Dicembre 2019 e per tutta la giornata successiva, nella Casa sindacale dell’ITUC/CSI/IGIB e della ETUC/CES si è, infatti, discusso, in inglese, francese, spagnolo e italiano, in traduzione simultanea, sulle condizioni sociali e scientifiche che avevano preceduto e reso possibile l’elaborazione ed emanazione della Direttiva Quadro (CEE/89/391) e della contestuale Direttiva Macchine (CEE/89/392) e sulle prospettive per la Salute e Sicurezza sul lavoro in questi anni di rivoluzioni tecnologiche e di transizioni sociali.

Si è iniziato con i saluti, non formali, della Parlamentare Europea Agnes JONGENIUS (Partito Socialista dei Paesi Bassi), di Per HILMERSSON, segretario generale della CES (in videoconferenza), del Direttore dell’ ETUI (https://www.etui.org) Philippe POCHET e di Marian SCHAAPMAN, attuale responsabile del settore Salute e Sicurezza e Condizioni di Lavoro di ETUI (https://www.etui.org/Topics/Health-Safety-working-conditions), che ha raccolto l’eredità del Trade Unions Technical Bureau per la salute e sicurezza (TUTB/BTS), creato proprio in questo anno 1989 che ha dato lo spunto alla riflessione della Conferenza.

Aude CEFALIELLO (Glasgow University – https://www.gla.ac.uk) ha analizzato le premesse della Direttiva Quadro e l’evoluzione normativa e giurisprudenziale successiva, sottolineando il cruciale cambio di prospettiva da un approccio quantitativo a uno qualitativo nella Salute e Sicurezza Occupazionale, dalla Raccomandazione della Commissione 2188/62 per l’adozione di una lista di Malattie Professionali alla prima ondata di Direttive (1977-1988), fino al Single European Act (1987) e all’adozione del voto formale per maggioranza qualificata e all’allora art.118A del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFEU), decisivi per l’adozione della Direttiva Quadro.
I protagonisti sindacali delle trattative di allora nelle Istituzioni Europee e nella Commissione DELORS, ossia il segretario aggiunto della CES all’epoca, Jean LAPEYRE (CFDT), il fondatore del BTS, Marc SAPIR e, ai suoi inizi come ricercatore, Laurent VOGEL (per conto di Claudio STANZANI (CISL), impossibilitato a partecipare), hanno ricordato la necessità e le aperture politiche che, in quel dato momento storico, si erano presentate, ed erano stata raccolte, per arrivare all’accordo su contenuti comuni minimi europei, nella prospettiva di auspicabili miglioramenti nazionali, del frammentario corpus normativo europeo a tutela dei lavoratori, derivanti dalla pressione delle lotte sindacali degli anni sessanta e settanta, collegandolo all’armonizzazione “verso l’alto” delle esigenze essenziali di sicurezza della progettazione della sicurezza delle attrezzature di lavoro e in generale dei prodotti, per favorirne la libera circolazione, raccordando così le dinamiche sociali e la concezione delle merci, il mondo dei lavoratori produttori e quello dei lavoratori consumatori in un obiettivo comune di salute e sicurezza.

Di fronte a una platea di circa 200 partecipanti, sindacalisti, esperti, alcuni rappresenti aziendali, funzionari europei, provenienti da tutti i Paesi Europei (ma si notava la drammatica assenza dei sindacati del Regno Unito, salvo il rappresentante della Campagna per la sicurezza nelle costruzioni), tra cui una ventina del nostro Paese (rappresentanti di CGIL e CISL, ma anche alcuni ex operatori dei Servizi delle ASL) e anche alcuni dal resto del mondo (Canada, Corea del Sud, Sud Africa, Stati Uniti), lo storico Enrico BULLIAN ha chiuso la prima giornata, ricordando il decisivo contributo all’evoluzione dell’impostazione sindacale, dalla monetizzazione della salute alla Sequenza Operativa e al CRD, delle lotte per la salute in fabbrica nel nostro Paese, descrivendo, in particolare, narrando l’evoluzione delle lotte in Fincantieri (sia a Genova, che soprattutto a Monfalcone).

Nella prima parte della seconda giornata gli appassionati interventi hanno esemplificato i nodi dello sviluppo e della costruzione europea, e quindi quelli delle sue regolamentazioni, approfondendo l’effetto delle contraddizioni di ruolo degli esperti nella costruzione delle conoscenze scientifiche, per la ancora troppo limitata attenzione alla lettura di genere (Marianne LACOMBLEZ, Universidade do Porto – https://sigarra.up.pt/up/pt/web_base.gera_pagina?p_pagina=home) o per i ritardi nella definizione di efficaci norme sugli agenti chimici per l’immissione sul mercato e protezione nell’uso, a causa dalle barriere frapposte dalle aziende per mantenere segreti i propri dati di ricerca, incuranti dei possibili danni che ne potrebbero derivare per i lavoratori, la popolazione e l’ambiente (Tatiana SANTOS, European Environmental Bureau – https://eeb.org/homepage/about/), con illuminanti esempi dei condizionamenti subiti nel campo della tossicologia dei pesticidi (Nathalie JAS, Institut National de la Recherche Agronomique, INRA – http://www.inra.fr) e dell’epidemiologia, nonostante le evidenze dei rischi fornite anche dalle esperienze dei movimenti dei lavoratori (Emilie COUNIL, Institut National d’Etudes Démographiques, INED – https://www.ined.fr).

Nel pomeriggio, invece, si è affrontata la complessa relazione tra mutazioni tecnologiche e le condizioni sociali che le determinano e che ne sono a loro volta influenzate, nel tentativo di delineare delle possibili strategie per affrontare le condizioni di salute e sicurezza che si diffondono con i nuovi modi di lavoro, solo in parte affrontabili in modo efficace con l’attuale assetto normativo europeo.
Michel HÉRY (Institut National de Recherche et Sécurité, INRS – www.inrs.fr) ha illustrato con alcuni esempi come l’INRS ha impostato lo studio dei possibili scenari di lavoro futuro, in cooperazione tra i diversi dipartimenti dell’Istituto e soggetti esterni, specialisti e parti sociali.
Sono state mostrate alcune situazioni in cui erano state introdotte con successo nuove tecnologie in ambienti di lavoro (manipolatori dei carichi in un impianto di produzione del pollame, robots e algoritmi per facilitare gli operatori nel disassemblaggio di auto usate), ma anche un clamoroso caso di insuccesso (linea di montaggio robotizzata del Modello 3 della TESLA in California).
HÉRY ha quindi descritto due casi in cui i contratti di lavoro sono stati trasformati in contratti di servizio, esimendo il committente da ogni responsabilità sulla sicurezza del lavoro affidato, con intera subordinazione dell’operatore alle caratteristiche dell’attrezzatura, minando la separazione tra sua vita privata e vita professionale, con mansioni frammentate e sottoposte alle rigide procedure di un nuovo Taylorismo, individualizzate e separate, impossibilitate al confronto e aiuto della comunità dei propri colleghi, rendendo difficile l’individuare i rischi e definire e attuare iniziative di prevenzione. Il primo caso, Foundry, un esempio di Flash organisation, fa lavorare insieme 200 soggetti ciascuno dei quali non conosce gli altri 199, senza limiti di tempo e in qualunque giorno lavorativo, gestendo il rapporto con i lavoratori, la circolazione e la capitalizzazione delle informazioni e la valutazione della mete.
Quindi, Sarah KASSEM (Università di Tübingen – https//uni-tuebingen.de) ha offerto una brillante analisi della struttura societaria di Amazon con la descrizione e il confronto delle specifiche attività di smistamento merci che sono svolte nei suoi centri in diverse parti del mondo, ma con ritmi e contratti differenziati da Paese a Paese (Work hard, Have fun, Make History, è scritto a grandi caratteri sulle pareti dei capannoni dove si aggirano i lavoratori).
Infine, Patrick ACKERMANN (del sindacato francese SUD – Solidaires – https:solidaires.org) ha raccontato la tragica successione di suicidi in France Telecom, a seguito delle brutali politiche di ridimensionamento degli effettivi nel processo di privatizzazione. Cruciali le difficoltà ad agire, almeno in una prima fase, da parte dell’ispettorato del lavoro, trattandosi di azienda pubblica e le difficoltà dei lavoratori a seguire la vicenda, dopo la cancellazione della consolidata forma di rappresentanza per la salute e sicurezza (CSHCT) da parte dell’attuale esecutivo. L’innesco dell’inchiesta penale è stato quindi possibile solo a seguito della querela presentata dallo stesso ACKERMANN, e alle approfondite indagini condotte in un secondo tempo dall’Ispettorato. Benché ridimensionata nella sua ampiezza in fase istruttoria, il dibattimento originato dalla querela e dalle indagini dovrebbe arrivare a sentenza entro fine Dicembre.

La tavola rotonda sulle politiche OSH Europee ha, infine, permesso il confronto tra la  posizione adottata (vedi allegato 1) dal Comitato Esecutivo del 22-23 Ottobre 2019 della Confederazione Europea dei Sindacati (Per Hilmersson), le organizzazioni dei datori di lavoro (Business Europe, Jessie Fernandes), la responsabile dell’Unità B3 Health and safety, DG Employment, Social Affairs & Inclusion della Commissione Europea (Charlotte Grevfors Ernoult), il Parlamento Europeo (Agnes Jongerius, del Partito Socialista, Paesi Bassi e Mounir Satouri dei Verdi, Francia) e la Presidenza di turno del Consiglio Europeo, proprio in vista della riunione del 10 Dicembre che avrebbe deciso (vedi allegato 2) le indicazioni per gli Stati Membri, per la Commissione e per le Parti Sociali per la Nuova strategia Europea sulla salute e sicurezza nel lavoro per l’ampliamento dell’implementazione dell’OHS nell’Unione Europea (Riita Sauni  Ministero Finlandese degli Affari Sociali e Salute).

Concludendo i lavori, Marian Schaapman ha ripreso e rilanciato la domanda arrivata dal pubblico, “che forma di società vogliamo?”, a sottolineare come questo, benché non espresso esplicitamente, fosse il tema unificante per tutta la sala, e l’indicazione per le azioni da intraprendere nel prossimo futuro.

Un colpo d’occhio
Cosa ho visto in queste due belle giornate? Un ampio soggetto multiforme che si interroga, studia, approfondisce. Ma forse su linee molto meno consolidate di un tempo e per obiettivi più incerti, meno definiti. Con una forza che si teme in diminuzione, per le difficoltà a individuare una linea unificante, perché gli stessi confini della sua azione sono diventati più labili e sfumati ed è in corso un ricambio culturale e generazionale, per cui chi ha costruito e contribuito a quella esaltante stagione è, pur presente per testimoniare o per partecipare alle nuove riflessioni, ormai in pensione (in sala, Kaj FRICK, Marc SAPIR, Jean LAPEYRE, Pascal ÉTIENNE, Fabio STRAMBI, Gérard VALENDUC, Jean Michel MILLER e altri, me compreso) o lo sarà a breve, come Laurent VOGEL (per lui, più di un applauso scrosciante in vista del prossimo commiato).
Per fortuna, si sono visti in aula giovani attenti e vivaci, esperti acuti ed entusiasti, molte donne impegnate in prima fila. Sebbene gli affiliati diminuiscano e invecchino, pur sempre si tratta di oltre 43 milioni di sindacalizzati in 32 Paesi Europei, al 2016 (vedi allegato 4).
Inquieta forse anche la timida presenza dei paesi dell’EST e quella più rara che in passato, ma attenta, dei Paesi Scandinavi, il lucido studioso svedese (Kaj FRICK) che, da sempre, richiama tutti a privilegiare l’attenzione alla eliminazione degli ostacoli che si frappongono al mettere in pratica i buoni principi delle norme, la giovane combattiva sindacalista danese (Nina HEDEGAARD), che ha ribadito la necessità di affrontare con più decisione la prevenzione dei rischi mentali e sociali, stigmatizzando la timidezza europea verso le convenzioni internazionali, invitando a sostenere gli sforzi dell’ILO, appoggiata da più voci, tra cui, con decisione, da Silvana CAPPUCCIO (CGIL), unica voce italiana che si è levata a ribadire una prospettiva di ampio raggio (vedi allegato 3).
Il brutale nazionalismo identitario dilagante come si confronterà con la solidarietà e l’europeismo sociale che ci hanno guidati finora? Le direttive e le norme tecniche di prodotto europee riusciranno ad essere ancora un punto di riferimento nel mondo globalizzato? Le condizioni del lavoro polverizzato potranno essere affrontate domani con le direttive nate nel secolo scorso, in un quadro produttivo e di relazioni sociali così diverso?
L’abbandono dei sindacati del Regno Unito, triste presagio di quello che pochi giorni dopo è avvenuto con le elezioni, rimpicciolisce l’Europa ad area geografica in cui come lingua materna l’inglese è ormai diventata quasi residuale, mentre nel mondo resta la lingua della scienza, della tecnica e degli scambi, almeno tra occidentali. Si profila, inoltre, a due passi da noi un temibile concorrente, che verrà additato ad esempio da tutti coloro che da anni agiscono anche tra noi per l’evoluzione al ribasso delle norme sul lavoro. Saremo tutti più soli ad affrontare il feroce capitalismo che, in tutti questi anni nell’UE, si è potuto contrastare quando, spesso, si alleava con i peggiori per ostacolare ogni apertura sul lavoro.
L’azione legislativa europea e l’azione sindacale sembrano orientarsi sempre di più sui rischi psicosociali e sull’organizzazione del lavoro, per affrontare le sfide delle nuove forme di lavoro, sulla commercializzazione e usi degli agenti chimici, con la priorità per i cancerogeni, i tossici per la riproduzione, i perturbatori endocrini, i nanomateriali, che dovrebbero portare ad almeno 25 nuovi valori limite. Forse, come preannunciato dalla rappresentante della Commissione, si arriverà anche a un adattamento delle norme per tener conto delle bonifiche dell’amianto negli edifici, a un aggiornamento della direttiva Videoterminali e di quella sugli Ambienti di lavoro.

Il richiamo di Laurent VOGEL resta comunque quello di evidenziare maggiormente i rapporti di genere, ricercare i collegamenti tra lavoro e ambiente, riconsiderare quei settori finora trascurati dal campo di applicazione delle direttive, garantendo necessariamente insieme l’elaborazione di conoscenze scientifiche non subordinate a questioni economiche, la mobilitazione sociale e il consolidamento del quadro regolamentare.

15 Dicembre 2019

Allegati

1. ETUC, ETUC position on a new EU strategy on Occupational Safety and Health (22-23/10/2019).
2. Council of the European Union, A new Strategic Framework on Health and Safety at Work: Enhancing the Implementation of Occupational Safety and Health in the EU – Council Conclusions.
3. CGIL, CISL, UIL, Lettera  del 03/12/2019 a Nunzia CATALFO, Ministro del Lavoro e delle Politiche  Sociali.
4. Kurt Vandaele, Des sombres perspectives: l’évolution du taux de syndicalisation en Europe depuis 2000, ETUI, 2019, FR/EN, scaricabile da <https://www.etui.org/Publications2/Books/Bleak-prospects-mapping-trade-union-membership-in-Europe-since-2000>.

 

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