È stato appena pubblicato, con le consuete caratteristiche cromatiche della scala di azzurri freddi (forse il prossimo potrebbe giovarsi di una grafica più accattivante), l’VIII rapporto del Registro Nazionale dei Mesoteliomi, basato sull’ormai pluridecennale e capillare lavoro di rete dei Centri Operativi Regionali (COR) e di INAIL DiMEILA. Si potrebbe pensare a un prodotto ormai rituale e dai risultati scontati, visti i poco meno di 33 anni trascorsi da quando l’Italia bandì l’amianto nel 1992: invece i motivi di interesse del volume sono molteplici, in ambito sia di ricerca epidemiologica sia di strategie di Sanità Pubblica, dal momento che, ad oggi, nonostante le molte risorse assorbite dai molti e non più che tanto fruttuosi tentativi di diagnosi precoce e di terapia dei mesoteliomi, l’unica cosa logica da fare rimane quella di prevenirli.
Il Rapporto analizza 37.003 casi diagnosticati tra il 1993 e il 2021: una casistica imponente, purtroppo sempre gravata da importanti “buchi” tanto su versante della rete di rilevazione quanto su quello delle raccolte anamnestiche e delle attribuzioni di profili di esposizione. Al netto di tutti i problemi del Registro finora non superati, l’incidenza dei mesoteliomi di tutte le sedi mostra, in Italia, una “tendenza all’appuntamento della curva” che fa ritenere “prevedibile una discesa dei tassi e del numero dei casi nei prossimi anni”. I dati dello studio SEPRA mostrano in effetti un andamento in calo dei mesoteliomi nelle coorti italiane più giovani, ma forse ci si poteva attendere qualcosa di più.
Anche da questo rapporto sembra emergere un’Italia eterogenea e magari non del tutto equa anche sotto l’aspetto della sorveglianza epidemiologica dei tumori: il 57% dei casi viene dai COR di Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna. Pare legittimo ipotizzare una qualche sotto-rilevazione dei casi nel Nord-Est e nel Centro-Sud-Isole.
Le modalità di esposizione sono state approfondite per il 78.4% dei casi: un risultato buono, ma che sarebbe importante migliorare anche per i già accennati temi di equità.
È sempre prevalente la quota di casi di origine professionale proveniente dall’edilizia: probabilmente in questo settore c’è ancora da fare in termini di comunicazione del rischio, formazione al fronteggiamento del rischio, azioni di prevenzione e, perché no, vigilanza.
Buona lettura.