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Sicurezza sul lavoro: informazione a scuola, a isorisorse.

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Tempo di lettura: 3 minuti

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Un recentissimo aggiornamento della Legge n. 92 del 20.08.2019 (adottato con Legge n. 21 del 17.02.2025, che entrerà in vigore dal 19 marzo prossimo) introduce nel mondo dell’insegnamento scolastico, segnatamente all’interno di quello della “educazione civica”, alcune novità che potrebbero essere positivamente importanti: ma, per come la norma è stata scritta, le ombre sembrano quanto meno contrappesare le luci.

 

L’art. 3 “Sviluppo delle competenze e obiettivi di apprendimento” aggiunge alla lista delle tematiche da affrontare, all’interno dell’insegnamento dell’Educazione civica, un’ulteriore voce “h-ter” definita “conoscenze di base in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro”. Le parole contano, a scuola probabilmente ancor più che in tanti altri scenari: per cui non è puntigliosità fine a sé stessa l’annotare due palesi incongruenze, l’una nella scelta dei termini (che sottende delle scelte di approccio e di strategie), l’altra nella scelta dei contenuti specifici. In tante altre voci della lista si parla, senza modifiche tra la versione del 2019 e quella del 2025, di necessità di “educazione” (“alla cittadinanza digitale”, allo “sviluppo eco-sostenibile”, alla “tutela del patrimonio ambientale, delle identità, delle produzioni e delle eccellenze territoriali e agroalimentari”“alle legalità e al contrasto delle mafie”“al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio culturale e dei beni pubblici comuni”): sacrosanto, soprattutto quando si pensa all’ambiente, alla legalità, ai “beni pubblici comuni”… “In materia di protezione civile” la norma afferma che serve “formazione di base”: e anche questo è sacrosanto.

Invece, riferendosi alla “sicurezza nei luoghi di lavoro”, la voce h-ter) introdotta ex novo nel 2025 parla soltanto di “informazione di base”. E ne parla anche limitatamente al versante della tutela della “sicurezza”: nulla dicendo su quelli della tutela della “salute” e tanto meno della tutela del “benessere” di chi lavora (concetti presenti solo più avanti nel testo di legge, ma in termini di una genericità disarmante, laddove si parla di “educazione alla salute e al benessere” senza specificazioni). Informazione quindi, e nient’altro: come se agli studenti futuri lavoratori servisse solo introitare un po’ di dati normativi e tecnici; come se, nel panorama della formazione scolastica in Italia, nulla fosse rimasto dei tanti anni passati a ragionare e discutere dell’indispensabilità di una “cultura” e perfino di una “cultura condivisa” affinché sia garantito ai cittadini il diritto alle migliori opportunità per non infortunarsi sul lavoro, per non ammalarsi di malattie da lavoro, perfino per “stare bene” sul lavoro. Forse non si tratta di un “come se”: forse è davvero che di tutto questo dibattito e di queste elaborazioni, nel clima dei tempi che viviamo, è stato fatto strame. Ma non è detto che sia impossibile cambiare rotta.

 

Proposta a tutte le persone di buona volontà che hanno la possibilità di intervenire o anche solo di promuovere e sostenere un cambiamento migliorativo della norma: sostituiamo l’attuale voce “h-ter) conoscenze di base in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro” con una ancora più nuova che reciti qualcosa del tipo “h-ter) educazione e formazione di base per la tutela della sicurezza, della salute e del benessere dei cittadini nei luoghi di lavoro”.

 

Addendum: l’articolo 3 della Legge 21 del 17.02.2025 recita che “Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione della presente legge nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”. Un vincolo perfetto per ottenere il risultato che nulla si faccia ovvero (che forse è peggio) che tutto si faccia solo in apparenza, tanto per dire che si è provveduto al necessario con i pochi mezzi disponibili e che di meglio proprio non si poteva, magari producendo comunicati e attestati dalla grafica accattivante e dai toni roboanti, magari includendovi qualche rituale richiamo alla “tutela delle eccellenze” (condimento di tante auto-celebrazioni ed etero-celebrazioni di scambio, cerimonie di premiazione e convegni). Come se solo chi eccelle avesse diritti, a iniziare da quello di essere rispettato e poter vivere una vita dignitosa, libera da sofferenze evitabili: anche quando lavora

Ritenendo immorale che, rimanendo nel complesso “a isorisorse”, si dia alla sicurezza, alla salute e al benessere nel lavoro togliendo all’educazione alla legalità e al contrasto delle mafie o al rispetto e alla valorizzazione dei beni pubblici comuni, non si vede che un’unica altra soluzione: investire “risorse umane, strumentali e finanziarie” sulla cultura in generale e sull’educazione civica in specifico prendendo da tutt’altre parti che non attengano alla qualità della vita e delle relazioni umane e al loro sviluppo.

Se risorse si vorranno quindi spostare in favore dell’educazione civica, in ciascuna delle sue articolazioni, le si tolga ai ponti sullo stretto di Messina, ai trasferimenti di migranti in Albania, alle nuove armi e ad altro di simile. Chi vuole e può, per favore almeno ci provi.

 

Roberto Calisti

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