Cosa si può aggiungere a tutto quello che è stato detto e scritto prima e dopo l’approvazione della legge cosiddetta dell’autonomia differenziata? Nei nostri ragionamenti su sanità e prevenzione l’eventualità di questo passaggio normativo è sempre stata presente come una minaccia non solo al “sistema istituzionale della sanità” ma quel che più conta, in definitiva, alle stesse condizioni di salute dei cittadini e più in generale, ovviamente, ai diritti comuni.
Ora questo è realtà di legge, anche se ci vorrà del tempo e saranno necessari ulteriori interventi normativi perché diventi operativa. E tra ora e allora c’è di mezzo un sicuro referendum abrogativo.
Non abbiamo certo bisogno di ribadire la completa contrarietà di SNOP verso questa legge e verso quello che significa; non solo per gli effetti deleteri che ci attendiamo sulla qualità e sull’equità dei “servizi” a tutela della salute dei cittadini ma anche per le ripercussioni che le differenti autonomie regionali avranno su molti determinanti già fortemente implicati nelle disuguaglianze economiche, sociali, assistenziali ecc.
Anche solo rimanendo nel mondo a noi più vicino, quello della prevenzione, non possiamo che prefigurarci un’accentuazione di quelle differenze già da tempo visibili tra diversi territori che un Servizio Sanitario ancor meno “nazionale” non potrà che liberare da vincoli prestazionali o da livelli essenziali che già si sono rivelati insufficienti, discutibili o deboli. Se questa disomogeneità – non solo Nord-Sud ma tra Regioni della stessa area e talvolta financo dentro la stessa Regione – che anche SNOP ha individuato e additato come uno dei mali caratteristici del nostro sistema pubblico di prevenzione, non ha risentito in maniera adeguata di 20 anni di Piani Nazionali della Prevenzione sebbene vi siano stati inseriti indicatori e vincoli progressivamente maggiori, c’è poco da sperare in altri meccanismi peraltro tuttora da definire. Non possiamo, inoltre, non richiamare qui e adesso le insufficienze di alcuni dei presidi istituzionali che avrebbero dovuto garantire coordinamento, omogeneità ed equità, quali commissioni/comitati, anche quelli propri delle Regioni fino allo stesso Gruppo Tecnico Interregionale, la cui voce (forse ovviamente) oggi fatichiamo a sentire.
Non è la nostra una battaglia a tutela del (solo) Sud, che pure in tutte le previsioni sarà la parte perdente di questa trasformazione – e non certo per incapacità o demerito – e non è nemmeno limitata al Servizio Sanitario Nazionale quale – nonostante la sua grande crisi e i suoi molteplici e continui tradimenti – ancora è nelle sue impostazioni fondanti ma, ben più a monte, a sostegno del diritto alla salute dei cittadini quale fissato nell’art. 32 della Costituzione, che temiamo verrebbe frantumato e compromesso – come altri diritti primari – da alcuni prevedibili esiti della legge.
Siamo, cioè, preoccupati non solo dai possibili livelli diversificati di accesso ai servizi sanitari – già oggi misurabilmente e colpevolmente disuguali e aggravati dalla grande crisi complessiva del SSN – ma anche da tutte quelle possibili differenziazioni in un
numero elevato di materie di possibile competenza regionale che, se apparentemente non rientrano nella categoria “sanità”, contengono comunque una grande varietà di determinanti di salute, in grado quindi di condizionarla in maniera sostanziale. Temiamo, quindi, non solo che i Servizi Sanitari Regionali saranno ineguali per efficienza, efficacia e qualità, più di quanto già oggi sono, ma che anche tutti quelli che conosciamo come determinanti (sociali, politici, economici, commerciali, ambientali …) di salute saranno curati e condizionati, contrastati, ignorati o favoriti, in maniera ancora più diversificata, con effetti a cascata sulle disuguaglianze tra i cittadini.
Dal momento che le materie sulle quali le Regioni avranno la possibilità di ottenere competenza saranno inevitabilmente diversificate, si produrrà un mosaico di titolarità delle stesse che farà sì che lo Stato manterrà le competenze relativamente ad alcune regioni ma non ad altre, con ripercussioni impensabili sulla natura stessa del ruolo centrale che dovrà muoversi in un quadro a geometrie variabili.
Quale rimodulazione sarà richiesta a livello statale nei ministeri e nelle altre istituzioni deputate a gestire le materie in un quadro nazionale dialogando in alcuni territori come titolare e in altri come controparte?
Siamo convinti che questa legge sia contraria alle esigenze reali dei cittadini, non solo in tema di salute e non tanto per una contrapposizione centro/regioni ma per l’assenza di garanzie (che, sì, devono essere prerogativa centrale) a tutela di diritti costituzionali, di equità e uguaglianza. L’abrogazione della legge non salverà di per sé il SSN per il quale serviranno ben altri interventi, ma costituirà la condizione per non perderlo definitivamente e attorno alla quale costruire le nuove prospettive.
SNOP si unirà convinta a tutti i soggetti che già si sono mossi e si stanno muovendo in questa direzione e fornirà il proprio apporto al referendum abrogativo lanciato.
															
															
															
															
								
