Considerazioni intorno ai temi del convegno “Salute e sicurezza in agricoltura, nuovi scenari: cambiamenti climatici e innovazioni tecnologiche”.
Accogliendo con interesse l’annuncio del Convegno nazionale del 17-18 ottobre a Cividale del Friuli, che, non solo riprende le fila di un importante lavoro condotto dal Gruppo Nazionale Agricoltura, ma che intende affrontare i nuovi scenari che si stanno realizzando e i rischi lavorativi ad essi connessi, pubblichiamo alcune considerazioni di Manuela Peruzzi su questi temi, che sottolineano la necessità di mantenere alta l’attenzione sui vecchi e sui nuovi rischi, proseguendo le iniziative avviate e portando a compimento anche alcuni interventi che sembrano aver perso vigore o convinzione.
L’agricoltura è un settore complesso sia per tipologia aziendale, costituita per il 93% da microimprese a conduzione diretta, con lavoratori stagionali che per la varietà e particolarità delle lavorazioni. È sicuramente tra i settori a maggior rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori per entità degli infortuni ma anche per la natura e la diffusione delle malattie professionali.
Nell’ultimo quinquennio al 2022, i decessi per infortunio lavorativo sono stati in media 150 all’anno. La prima causa di morte è stata il ribaltamento del trattore durante le lavorazioni e per lo più con mezzo a traino ma, accanto a questi infortuni storici per ripetitività, negli anni hanno preso un posto rilevante gli infortuni mortali e gravi da colpo di calore, legati al cambiamento climatico, che condiziona in modo rilevante i lavori faticosi svolti nella stagione estiva.
Altrettanta attenzione richiedono, però, le malattie professionali – più di 10.000 all’anno quelle denunciate ovvero il 16% del totale – che dimostrano come l’attività dell’agricoltore, non solo perché pesante fisicamente, abbia un impatto significativo sulle sue condizioni salute. Accanto alle malattie tradizionali da rischi fisici (rumore e vibrazioni, ma anche da radiazioni solari), da agenti atmosferici e climatici, da allergeni di natura vegetale ed animale, sempre più frequenti sono le malattie osteo-muscolari, che rappresentano il 77% delle malattie segnalate in lavoratori con un’età media di 59 anni, ad ulteriore conferma dell’età avanzata di questa popolazione rispetto gli altri settori produttivi.
Oltre all’analisi dei problemi di salute degli occupati, altrettanto indispensabile è la conoscenza della complessità del settore aziendale che incide profondamente sui criteri e modalità di programmazione delle azioni prevenzione.
Uno spaccato dell’ultimo censimento ISTAT del 2020 ci descrive un quadro di 1.114.131 aziende con n. 2.755.000 lavoratori, di cui 1.1460.000 familiari e n. 1.296.000 non familiari, di cui 860.884 in forma saltuaria. Sono 90 le
giornate di lavoro standard pro-capite, che si abbassano a una media di 41 gg. per la manodopera non familiare in forma saltuaria
Ma il campo di interesse non si limita al quadro ufficiale, perché la tutela della salute deve prendere anche in carico quei lavoratori occupati nel sommerso con un sovrapporsi di problemi, di sfruttamento, irregolarità, caporalato, in condizioni di vita talvolta disumane. Sono interessati prevalentemente gli immigrati, che dalle stime ISTAT del 2018 risultano circa 164.000, con un tasso di irregolarità del 34.9%, a fronte del 24,2% degli altri lavoratori dipendenti.
Molti sono tuttora i problemi aperti che dovranno essere affrontati, quelli tradizionali e quelli nuovi, determinati dai cambiamenti in atto, climatici e lavorativi, e di questo dovrà tener conto il Piano Mirato Agricoltura, attraverso il Gruppo Nazionale Agricoltura, da anni impegnato nel miglioramento delle azioni, per rendere sempre più efficaci gli interventi di prevenzione.
In questa complessa realtà è, infatti, talvolta più difficile garantire ai lavoratori le dovute tutele di prevenzione, dalla valutazione dei rischi alla formazione, alla sorveglianza sanitaria. Anche la specifica normativa sugli stagionali, definita di semplificazione, appare inadeguata per garantire le misure necessarie, oltre che di complicata attuazione.
Con il D.M. del 2013 si è previsto per i lavoratori fino a 50 giornate lavorative, in lavorazioni generiche e semplici, la sorveglianza sanitaria biennale con esportabilità dell’idoneità in altre aziende e l’assolvimento degli obblighi di informazione e formazione mediante consegna al lavoratore di materiale validato dall’ASL. La successiva L. 24 aprile 2020, n°27 ha ridotto ad un anno la periodicità della sorveglianza sanitaria, estendendone il campo di applicazione a tutti gli stagionali, sempre per lavori generici e semplici. Ciò ha creato un conflitto dal momento che il campo di applicazione è differente per sorveglianza sanitarie e per formazione e un’incoerenza formale tra quanto previsto per lavoratori addetti a mansioni semplici e generiche e per quello rientranti nell’art. 41 del Dlgs.81/2008.
Di conseguenza, nonostante l’impegno anche delle parti sociali e degli Enti bilaterali, si è creata una situazione di difficile copertura della sorveglianza sanitaria annuale per l’intera popolazione di lavoratori stagionali ma anche difficoltà a garantire una formazione adeguata ai pesanti rischi di questo settore, proprio per l’elevato numero di accessi al lavoro in breve ambito temporale.
Un altro problema storico tuttora irrisolto, la cui rilevanza è sottolineata anche dai dati infortunistici, è quello legato all’obbligo di protezione del posto di guida nel trattore: benché le recenti innovazioni tecnologiche offrano efficaci soluzioni quali l’arco rimovibile meccanicamente, senza sforzo manuale dell’operatore o l’adozione di una cabina abbassata per lavori sotto chioma (CROPS), non si sono purtroppo previste le opportune misure di facilitazione, come l’inclusione di vincoli nel sistema della “condizionalità” (accesso ai pagamenti comunitari).
A questo si aggiungere l’obbligo di revisione delle macchine agricole previsto fin dal 2015 che è rimasto inattuato a causa della mancata emanazione dei previsti decreti attuativi e che costituirebbe un passaggio fondamentale per il rinnovamento del parco macchine, necessario anche alla prevenzione.
Alla luce di questo quadro in cui, accanto ai “nuovi scenari” lavorativi e di rischio, permangono aperte o incomplete diverse questioni di prevenzione, emerge la necessità di azioni sui diversi fronti, che prevedano forti sinergie tra enti e istituzioni a partire dal contrasto della piaga del lavoro nero e dall’adeguamento delle macchine, fino alla vera semplificazione legislativa per i lavoratori stagionali e all’adozione di nuove strategie di prevenzione sanitaria e di sicurezza, il tutto con la condivisione ed il supporto delle parti sociali, in linea con gli obiettivi di queste giornate del convegno.
Manuela Peruzzi
7 ottobre 2024