Osservazioni sul crollo di Genova
Premesso che non sono in grado di entrare nel merito dell’evento e quindi mi asterrò dal farlo, vengo alla considerazione che mi ha stimolato la tragedia di Genova.
Il punto è che la storia del controllato che si autocertifica e dello Stato controllore che non è in grado di verificare tecnicamente “sopra il luogo” come dicevano i nostri predecessori, mi pare il punto critico su cui intervenire. Qui l’analogia con i meccanismi vigenti in campo di sicurezza e salute occupazionale potrebbe indicare la strada maestra attraverso la quale uscire dal falso dilemma pubblico/privato.
Quali sono i meccanismi di controllo nel campo della sicurezza nei luoghi di lavoro? I controlli sull’efficienza dei dispositivi atti a salvaguardare la sicurezza e la salute di chi lavora sono in capo al datore di lavoro che redige il Documento di valutazione dei rischi e lo aggiorna ogni volta che ci sono modifiche della situazione lavorativa. Il pubblico, cioè i servizi di prevenzione delle USL, provvedono a controllare l’effettiva presenza ed efficienza di tali dispositivi con controlli de visu, fatti da tecnici altamente specializzati (laureati in materie tecniche, medici del lavoro, igienisti industriali, ecc.). I controlli sono svolti a campione, basandosi su classificazioni di pericolosità delle lavorazioni e delle specifiche aziende. Il sistema ha dimostrato di essere efficace, dato l’enorme calo di eventi negativi per la salute di chi lavora avvenuto negli ultimi vent’anni, parte del quale certamente determinato dal sistema sopra descritto. Nel caso delle autostrade c’è la complicazione della separazione tra “proprietà” dello Stato e “gestione” del privato, ma non dovrebbero esserci difficoltà, almeno di principio, a definire chiaramente i compiti dei due partner. La strana e per me incomprensibile secretazione di importanti dettagli dell’accordo di affidamento della esattoria al soggetto privato non facilita certo le cose e getta una luce sinistra su tutta la vicenda.
A margine di questa vicenda alcune brevi riflessioni più generali: la parabola dei Benetton è una vera e propria metafora del declino del nostro paese. Da geniali creatori di un marchio che vendeva prodotti tessili in tutto il mondo, imponendo addirittura uno stile originale, a esattori di pedaggi autostradali per conto dello stato in regime di monopolio.
Alberto Baldasseroni